Antonio Fogazzaro nacque a Vicenza il 25 marzo 1842 da una agiata famiglia borghese saldamente ancorata ai valori tradizionali, cattolici, liberali e patriottici. Il padre, Mariano, combattente contro gli austriaci durante l’assedio di Vicenza del 1848, poi costretto all’esilio a Torino nel 1859, fu eletto deputato nel Parlamento del nuovo Regno d’Italia. La madre, Teresa Barrera, era originaria di Oria, in Valsolda, un piccolo borgo affacciato sulle sponde del lago di Lugano al quale Antonio rimase sentimentalmente legato per tutta la vita. Il matrimonio dei genitori fu aspramente contrastato dal padre di Mariano e diventò fonte di ispirazione per la trama del più celebre romanzo fogazzariano: Piccolo mondo antico.
Negli anni della formazione, lo zio paterno, don Giuseppe, sacerdote di liberali idee rosminiane, ebbe una notevole influenza sull’educazione del giovane Antonio, il quale, proprio allo zio, sottopose le sue primissime prove poetiche. Dopo aver compiuto privatamente gli studi ginnasiali, nel 1856 Antonio entrò nel liceo di Vicenza, dove insegnava l’abate Giacomo Zanella, poeta e scrittore di aperto spirito religioso e non pregiudizialmente ostile alle idee del progresso scientifico. Proprio per queste aperture il suo magistero ebbe sul giovane Fogazzaro una notevole influenza. Dopo aver conseguito la maturità classica, nel 1858 Antonio, che già sentiva l’urgenza di una vocazione letteraria, si iscrisse senza entusiasmo alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, poi, nel 1859, in quella di Torino, dove la famiglia fu costretta ad attendere in esilio la liberazione del Veneto e dove Antonio si laureò nel 1864. Seppur con scarsa convinzione, il giovane Fogazzaro iniziò a far pratica negli studi legali di Torino, poi, nel 1865, a Milano. In quell’anno, rientrato temporaneamente a Vicenza, si fidanzò con Margherita dei conti di Valmarana, che sposò l’anno seguente contro la volontà paterna. I due sposi si stabilirono a Milano. Pressato dalle nuove responsabilità del matrimonio, nel 1868 dette gli esami di avvocato, riprendendo così l’attività legale. Nel frattempo, l’inquieto Fogazzaro era entrato in contatto con l’ambiente anticonformista della Scapigliatura milanese, il movimento letterario e artistico che si proponeva di liberarsi dell’eredità manzoniana. Ma fu soprattutto l’amicizia con lo scrittore e musicista Arrigo Boito, uno degli “scapigliati” più promettenti e geniali, che fece maturare in lui, sempre più forte, la vocazione per la letteratura. L’anno successivo Antonio e Margherita si stabilirono definitivamente a Vicenza, dove nacque la primogenita, Gina: a partire da quella prima nascita e fino al 1882, i coniugi Fogazzaro tennero un diario nel quale registrarono impressioni e considerazioni sulla vita e l’educazione dei figli. Fogazzaro fu un padre amoroso e sollecito, affabulatore seducente nonché attento educatore dei suoi figli. Scrisse per la figlia Maria ammalata di polmonite alcune fiabe che la bimba apprezzò molto. Il padre così ricordò in una lettera a Ellen Starbuck il piacere provato dalla piccola ammalata nell’ascoltare Malgari o la perla marina o Il folletto nello specchio: «La povera bambina gemeva, si doleva giorno e notte; era una pietà di udirla respirare tanto affannosamente da non poter articolar bene le parole. In pari tempo la sua intelligenza era più viva, più acuta che mai. Il solo suo conforto era quello di farsi raccontare storie d’ogni genere. Le ascoltava con avidità instancabile fissando il narratore con i suoi begli occhi lucenti di febbre» Nel 1872, l’avvocato Fogazzaro, che fino a quel momento aveva pubblicato solo alcuni versi d’occasione, tenne all’Accademia Olimpica di Vicenza un significativo discorso su L’avvenire del romanzo in Italia, in cui tratteggiava le linee guida di quella che sarebbe stata, di lì a poco, la sua autentica vocazione. Infatti, dopo il rifiuto di alcuni editori, nel 1873 pubblicò a proprie spese il poemetto Miranda. La novella in versi ebbe una discreta attenzione e convinse il padre, allora deputato a Roma, ad appoggiare la carriera letteraria di Antonio, il quale, superata la profonda crisi religiosa degli anni universitari, ritornava alla fede cattolica. Dopo la nascita del secondo figlio, Mariano (1875), Fogazzaro pubblicò la sua prima raccolta di versi, Valsolda (1876), un omaggio appassionato a “un’amica tenera dei primi anni”, la materna Valsolda delle sue “ore felici”, come, anni dopo, ebbe a ricordare di quel primo ma non troppo fortunato libro di liriche. Ma sono anni di preparazione al grande passo: nell’anno della nascita della figlia Maria, il 1881, l’editore Brigola di Milano, pubblicò il suo primo romanzo, Malombra. La tumultuosa passionalità dei personaggi e quella vena di esoterismo che percorre tutto il romanzo, ne decretarono il vasto successo presso i lettori. Nel 1883 conobbe il drammaturgo Giuseppe Giocosa, suo sincero estimatore, e fu l’inizio di una lunga amicizia e di un sincero sodalizio intellettuale. In quello stesso anno, a Lanzo d’Intelvi, Fogazzaro incontrò la pittrice americana Ellen Starbuck, una delle donne che accesero in lui una sofferta passione rigidamente idealizzata in ascesa mistica. Esperienza sentimentale alla quale si ispirò per la tormentata e tragica Violet, l’eroina del suo terzo romanzo, Il mistero del poeta, che pubblicherà nel 1888. Nel frattempo, nel 1884, moriva in Valsolda lo zio materno, Pietro Barrera, dal quale, nei suoi primi anni di matrimonio, Fogazzaro aveva ricevuto aiuto morale ed economico. Lo rievocherà con tenerezza nel personaggio dello zio Piero in Piccolo mondo antico. Nel 1885 pubblicò il suo secondo romanzo, Daniele Cortis. Subito dopo Fogazzaro intraprese un viaggio in Germania, la patria dei suoi poeti prediletti, Heine e Goethe. Di quell’anno sono i primi abbozzi del nuovo romanzo, Il mistero del poeta, che uscirà in volume nel 1888 e immediatamente tradotto e pubblicato in Francia, dove Fogazzaro veniva indicato, con D’Annunzio, autorevole esponente della nuova letteratura italiana. Sarà però lo stesso D’Annunzio a stroncarlo, definendo Il mistero del poeta “un mediocre romanzo”. Del 1887, l’anno della morte del padre, è la raccolta di novelle Fedele e altri racconti e il saggio Un’opinione di Alessandro Manzoni, frutto di un discorso tenuto a Firenze sulla tematica sentimentale e amorosa in letteratura, nel quale sosteneva il necessario superamento delle reticenze manzoniane in fatto di amore, ma non per cedere alla sensualità, bensì per superarla e approdare, attraverso l’amore sublimato, a Dio. Sono questi, per Fogazzaro, anni di intensa ricerca religiosa, mosso dall’esigenza di trovare una conciliazione tra scienza e fede, soprattutto dopo la divulgazione delle teorie darwiniane sull’evoluzionismo, alle quali Fogazzaro si dedicò con aperta disposizione intellettuale. Il risultato di questi approfonditi studi si concretizzarono in due importanti interventi: Per un recente raffronto di Sant’Agostino e di Darwin circa la creazione (1891), e L’origine dell’uomo e il sentimento religioso (1893), con i quali egli cercava di armonizzare l’evoluzionismo di Darwin con la dottrina della Chiesa. Matilde Serao, che conobbe a Roma in occasione della seconda conferenza, lo esortò a farsi fondatore e guida di una nuova letteratura spirituale, in grado di offrire “un senso più alto e più nobile della vita interiore”. Il 1895 fu funestato dalla improvvisa morte per tifo, a soli vent’anni, del figlio Mariano, evento che segnò profondamente l’animo di Fogazzaro. In quello stesso tragico anno, dopo dieci lunghi anni di gestazione, pubblicò il suo capolavoro, Piccolo mondo antico, primo romanzo di una tetralogia di cui faranno parte Piccolo mondo moderno (1901), Il Santo (1905) e Leila (1911). L’enorme successo di Piccolo mondo antico lo impegnò sempre di più nella vita pubblica – nel 1896 venne nominato senatore del Regno – imponendolo ancora di più sul piano internazionale. Nel 1898 e nel ‘99 viaggiò tra Parigi e il Belgio, entrando in relazione con il cardinale Mathieu e impegnandosi in conferenze filosofico-religiose che lo avvicinarono sempre più profondamente al modernismo, il movimento cattolico riformatore che si proponeva di conciliare la fede religiosa con le conquiste della cultura moderna. L’eco di tali interventi preoccuparono le autorità ecclesiastiche che accusarono Fogazzaro di sostenere le tesi del modernismo, movimento già condannato da Pio X, condannando all’Indice il romanzo Il Santo (1906). Fogazzaro, da cattolico osservante e obbediente, si piegò alla condanna imponendosi il silenzio, senza però rinunciare alle sue intime convinzioni, che ripropose anche nel suo ultimo romanzo, Leila, che il Sant’Uffizio puntualmente pose all’Indice. Antonio Fogazzaro non seppe mai di quest’ultima censura: ricoverato all’Ospedale Civico di Vicenza per una grave crisi epatica, morì il 7 marzo 1911 dopo un estremo intervento chirurgico.  

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