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Expo 2015 con il Premio Antonio Fogazzaro

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Il Premio Antonio Fogazzaro ha ottenuto il patrocinio da parte di Expo 2015 in quanto considerato tra le eccellenze culturali della Regione Lombardia. “Nutrire (culturalmente) il Pianeta, energia per la vita” è una missione che il Premio Antonio Fogazzaro porta avanti dal 2008 e, per questo impegno, ha meritato di entrare in Oltre Expo, un progetto volto a riconoscere le eccellenze che ogni giorno si impegnano a nutrire il Pianeta con ogni mezzo possibile.

Note bio-bibliografiche degli autori premiati

NOTE BIO-BLIOGRAFICHE DEGLI AUTORI PREMIATI

PREMIO QUALITA’

Mario Bortòt
Nasco a Rovereto (Trento) nel 1963, terzo di cinque figli. Da giovane, oltre a praticare diversi sport, vengo promosso senza studiare troppo e mi cimento col violino. Dopo il liceo scientifico mi sposto a Milano per alcuni anni, dove frequento la facoltà di Informatica e mi laureo bene. Nel 1991 inizio casualmente a collaborare con un quotidiano locale (testata “Alto Adige”) presso il quale divento cronista, autore di pezzi di colore e vignette. Nel frattempo mi abilito all’insegnamento della matematica e conquisto un equilibrio totalizzante dividendomi tra le aule di scuola e la redazione (spesso anche notturna). Nel 2002 nasce Marta, mia figlia: da quell’anno, fino al 2007, abbandono la cronaca e seguo “esclusivamente” la pallavolo nazionale maschile per la testata “L’Adige” (più, al solito, “colore” e vignette). Ora insegno matematica a tempo pieno in una scuola superiore di Rovereto. Per il resto cucino, vado in bici (specialissima), ho il pollice discretamente verde e naturalmente non disdegno scrivere.

Marina Paolucci
Nasce a Milano, nel 1964, sotto il segno dell’Acquario.
Appassionata di scrittura, segue un corso di scrittura creativa tenuto d Raul Montanari e ottiene pubblicazioni nei siti web di alcune importanti Realtà: Perugina – per le frasi dei baci, Nivea, Swatch, Premio Antonio Fogazzaro, Nonostante l’Emofilia. Tra i vincitori del “Premio Qualità” – Premio Antonio Fogazzaro 2012 per la sezione Microletteratura e Social Network, e autore meritevole segnalato dalla giuria popolare. Pubblicazione cartacea e web.
Pubblica i suoi racconti nei volumi “Gente che scrive in 300 parole” e “Racconti di Natale”, entrambi pubblicati nel 2012. Presente con i suoi racconti nelle seguenti antologie edite nel 2013: “365 storie d’amore”; “Il magazzino dei mondi 2″; “Caro bastardo ti scrivo”, “Le donne e il mare”.
Lavora a Milano, dove vive con la figlia Marta. Ama l’arte in ogni forma espressiva.

Paolo Amato
53 anni, funzionario dell’Agenzia delle Entrate con delega alla scrittura. Spaccia parole per sedurre improvvisati scrittori suoi simili. Partecipa a concorsi letterari “per vedere l’effetto che fa”. Poi scopre che per vincere, non è sufficiente amare la letteratura: bisogna saper contare i “mi piace”! Nel suo paese lo riconoscono per strada e non gli chiedono l’autografo per non sembrare invadenti, ma le donne, da quando è poeta, lo seguono ovunque riempendolo di notifiche, sussurrando il suo nome e seminando puntini di sospensione… A volte si convince di essere qualcuno, ma fortunatamente è semplicemente Amato. Nel frattempo manda cartoline e confeziona epitaffi perché nella vita non si sa mai.
Si classifica secondo per la categoria “Mi Piace”, nella sezione “Microletteratura e Social Network” del Premio Antonio Fogazzaro, sia nel 2011 che nel 2012.

Melissa Costi
Nasce a Grosseto in un giorno d’aprile del 1986, frequenta il liceo delle Scienze Sociali, per poi conseguire una laurea in Sociologia presso la facoltà di Scienze Politiche di Bologna. Appassionata di fotografia e scrittura creativa, è nella parola scritta che riesce a decifrare pensieri, immagini, e riflessioni che talvolta rischiano di rimanere in silenzio. Approdando al mondo dei blog sviluppa ulteriormente questa passione unendola alla comunicazione e sperimentandone varie forme (diario, versi, poesie, immagini didascaliche). Nel 2010 ha partecipato ed è stata pubblicata all’interno del romanzo “Nano-scritti ai tempi di facebook. Un romanzo in dieci parole.” Fantasiosa ed eclettica è nella fotografia che riesce a fissare attimi e colori in uno scatto. Ha partecipato a vari concorsi fotografici, aggiudicandosi la vittoria al contest organizzato dal Photoshow 2013 in collaborazione con la rubrica tv “L’arca di Noè”.

PREMIO HUMOR

Maurizio D. Capuano
Sono un autore e attore teatrale, e un giorno avrò anche un lavoro vero, tranquilli. Ho frequentato L’Università Popolare dello Spettacolo di Napoli, un bel po’ di corsi di scrittura, recitazione, cucina e bricolage. Gli ultimi due, li ho inseriti solo per migliorare il curriculum. So che non vi frega, ma ho bisogno di rendermi simpatico a me stesso. Anche violentando l’italiano. Scrivo battute più o meno comiche, di certo migliori dei comici di Zelig, Colorado Caffè, Made in Sud e Lia Celi: lo so, è che mi piace vincere facile. Scrivo anche commedie, sceneggiature e tanto per abbassarne ancora di più la qualità, mi ritaglio spesso il ruolo da protagonista. Che però va sempre in bianco. Forse devo smetterla di scrivere storie autobiografiche.
PS: ho scritto anche un libro umoristico, ma visto che nessuno mi conosce, deduco che non l’avete letto. Pazienza.

Marcello Perugia
Nasce nel maggio del 1967, in un piccolo paese campano. Terzo di quattro figli, a 16 anni – e a cinque dalla morte del padre – si trasferisce, assieme alla madre e a due sorelle a Trieste. Da quel momento comincia a scrivere lettere e si innamora del jazz.
A 19 anni decide di tornare a Napoli: trova una casa in affitto e un lavoro. Dopo due anni, stanco di una vita piacevolmente tumultuosa, ma precaria, torna a Trieste. Risponde a un annuncio di lavoro e, mentendo sulle proprie capacità contabili, riesce a essere assunto come “ragioniere”. Lavoro che conserva tuttora. Nel 1996 si sposa e ha un figlio: è diventato adulto!
Nel 2009 subisce un delicato intervento al cuore che lo costringe a casa per circa due mesi. In quella occasione si iscrive a Facebook e ritrova la vecchia passione per la scrittura. Nel 2012, partecipa al concorso sulla pagina del Premio Antonio Fogazzaro, “Microletteratura e Social Network”, classificandosi 1° per la categoria Humor, 4° per la Qualità e 5° nella sezione “Mi piace”.

Sonia Tortora
Laureata in economia e commercio, da undici anni è responsabile ufficio paghe presso uno studio associato di revisori contabili, in provincia di Savona. La passione, la porta inoltre a conseguire il triennio di scuola estetica ottenendo anche la qualificazione di estetista, oltre a ottenere diverse cattedre nello stesso Istituto.
Scrivere è il grande Amore che le procura circa un centinaio tra vittorie e segnalazioni in concorsi letterari di prosa, poesia e haiku. I più recenti: 1° posto al concorso nazionale per racconti indetto dall’associazione “Il paese che non c’è” di Bergamo; 2° posto per racconti al concorso nazionale “Giacomo Massoli”; 1° posto al concorso haiku nazionale “Il Giappone nel chiostro”; 1° posto al concorso internazionale di haiku di Lendinara. Ha collezionato pubblicazioni con importanti Case Editrici nazionali (tra cui Delos Book, Edizioni della Sera, Fusibilia Editore).

PREMIO MI PIACE

Vittoria Alices
Nasco nel 1963 in un paesino della verde Irpinia; pecora nera di una famiglia borghese. Vita a colori, assai turbolenta.
Descrivo emozioni, sensazioni forti, trascorse e in atto, attraverso racconti semi-autobiografici scritti in un’ora, un giorno, un mese al massimo. Ne ho scritti un’infinità, dall’infanzia a oggi.
E racconto l’Amore.

Marina Lorena Costanza
Da bambina mio padre mi chiamava Marina. Da adulta sono Lorena per tutti .Costanza il mio cognome .Sono nata a Montemiletto, piccolo paese Irpino ,il 20 maggio1963 .Ho completato gli studi classici e ho mancato la laurea in Biologia per tre soli esami(… lo so, lo so!). Mi piace la riflessione e amo leggere . Da sempre “scribacchio” i miei pensieri. Non ho mai pubblicato né rivelato la mia passione. Il Premio Fogazzaro su Facebook mi ha trascinata nella folla telematica. Vivo a Napoli e non potrei fare a meno degli amici.

Carmelo Giuffrida
Nasce 66 anni fa, nella provincia di Messina. Da giovanissimo gira l’Italia e si stabilisce, circa 40 anni fa, per motivi di lavoro, in Calabria. Rimasto vedovo si dedica ai figli, liberi professionisti, e, più recentemente, alle due nipotine. Coltiva, da anni, l’hobby della lavorazione del legno, che è anche un’antica tradizione di famiglia. La passione per la scrittura arriva con il pensionamento da Ispettore Capo della Polizia di Stato. Ama scrivere poesie e brevi racconti. Dice di farlo per se stesso e per gli amici.
Nel 2011, partecipa al concorso indetto dal Premio Antonio Fogazzaro “Microletteratura e Social Network”, classificandosi al quarto posto nella categoria “Mi Piace”. L’anno successivo, sale un gradino, aggiudicandosi il podio.

PREMIO QUANTUM

Patrizia Benetti
Nasce nel 1961 a Ferrara, dove vive attualmente. Ama scrivere, in particolare genere noir e horror. Nel giugno 2012, pubblica “Racconti neri”, libro noir che si classifica secondo al Premio di narrativa nazionale Oubliwette, concorso letterario nazionale promosso dall’omonimo web-magazine.

“Multisala Antonio Fogazzaro”: CIAK TERZAAA!!!

“MULTISALA ANTONIO FOGAZZARO”, CIAK TERZAAA!!!

A QUALCUNO PIACE CALDO
Preparò la stanza, regolò il termostato con la temperatura giusta, mise della musica adeguata alla situazione e poi attese. Tutto era pronto. Mancava solo il cadavere da cremare.
(Graziano Gattone)

ACCADDE UNA NOTTE
Accadde una notte di febbraio, lo ricordo benissimo perché faceva un freddo cane e noi ci torcevamo nei nostri cappotti di feltro, soffiandoci sulle mani nel vano tentativo di scaldarle. Ci guardavamo attraverso perché eravamo solo ombre di noi stessi. In piedi, uno dopo l’altro ci fecero salire su un treno merci che non sarebbe più tornato indietro. Destinazione Auschwitz
(Anna Rita Lisco)

LES AMANTIDES
Un amplesso veloce. Una digestione lenta.
(Simone Scalzini)

AMARCORD – RICORDI LE SERE?
Adagio arrivava e dalle finestre spiavamo le prime ombre.
Il freddo contatto con il vetro aumentava la voglia del braciere.
I nonni attorno ad esso. Lei sgranava il rosario, Lui non c’era già più.
Mia madre, come tutte le mamme, si muoveva da regina.
Papà non c’era già più.
Per noi ragazzi arrivava il momento di lasciar da parte i giochi.
Loro, le ragazze, riponevano i sogni.
Allora, per un momento, tutta la casa tendeva l’orecchio ad ascoltare il silenzio profumato della sera.
(Paolo Amato)

AMICI MIEI
Sinossi: Un gruppo rimbambiti cinquantenni incontinenti, che non accettano l’idea di essere morti, invece di starsene dignitosamente in un ospizio ad aspettare di schiattare, come sarebbe naturale, se ne va in giro a fare scherzi idioti, mettendosi in ridicolo e costringendo le famiglie a sopprimerli di nascosto in uno sperduto canile.
(Maurizio D. Capuano)

BIANCANEVE E I SETTE NANI
Bianca, torna presto, noi ti aspettiamo qui, immobili, in giardino!
(Marcello Perugia)

CARO DIARIO
Dopo un attimo di standby, la penna si poggiò sul foglio. Quasi inaspettatamente le parole incominciarono a scivolare nero su bianco sopra a quell’apparente spazio vuoto. Ogni singola lettera si muoveva velocemente, quasi fosse un abile danzatrice delle idee che la mente stava decifrando nell’inchiostro. Con un ritmo spigliato e incontrollato, la mano incominciò a comporre una storia mai svelata. Quel foglio, inizialmente nudo, prese vita.
(Melissa Ci)

CASABLANCA
Cantavi quella vecchia canzone al piano e mi fermai… provarci ancora? Magari un’ultima straziante volta con un bacio appassionato, una promessa definitiva e poi infine di nuovo via. Nel vento. Nella notte. E la mia luce splende tra le tue lacrime.
(Sandra Giordano)

DA QUI ALL’ETERNITA’
Ti ho visto ieri, ti rivedrò domani; è l’oggi che manca.
(Maruzza Dardanoni)

EVA CONTRO EVA
Adamo si risvegliò in ospedale con due costole in meno, una forte emorragia e il vago desiderio di nominare Dio invano. Le due donne più belle del creato, nonché le uniche, cercarono di farlo innamorare con ogni mezzo: ma solo una ottenne il titolo di Prima Donna.
(Maurizio D. Capunano)

IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO
Tre verità nascoste in ognuna delle nostre sfaccettature. Prediligiamo l’unica maschera che indossiamo, quella che ci far apparir senza nuocere a noi stessi.
(Maurizio Spreghini)

IL MUCCHIO SELVAGGIO
Vuoi che sotto quel covone di gente aggrovigliata ci sia una copia del bando di concorso per un posto da bidello?
(Mario Bortot)

L’ODIO
Tremando le avevo raccontato di Dennis, delle mie paure. La mamma voleva solo proteggermi quando è andata a parlare con la prof e con il preside, ma da quel momento tutto è peggiorato. Dennis ha continuato con più cattiveria ed io sono disperato, non posso parlarne con nessuno perché rischio grosso, è un inferno, non so come uscirne. La mamma dice che è odioso, io invece credo che sia lui a odiare me, ma non riesco a capire perché.
(Giusi Corrao)

L’UOMO CHE NON C’ERA
L’acqua viene giù che il cielo sembra svuotarsi a secchi.
La pioggia si raccoglie in un fiume che scroscia ai margini della strada.
Il vento graffia i panni stesi ad un balcone e scortica i muri.
Un gatto trova riparo sotto un auto.
Mi chiudo nell’esiguo spazio del mio cappotto e tengo stretto l’ombrello.
Un uomo mi avvicina guardandomi negli occhi e mi porge una busta.
Ci conosciamo – chiedo. Non ho risposta.
Sono confusa ma prendo la busta.
Faccio per aprirla;
lui non c’è più.
Leggo; c’è l’indirizzo della mia abitazione. Ho il cuore in gola.
Apro gli occhi … sono a casa!
(Marina Lorena Costanza)

LA BELLA E LA BESTIA
La bella chiuse gli occhi e lo baciò. Aprì gli occhi e, perplessa, vide il rospo allontanarsi.
Doing Doing, il rospo arrivò allo stagno.
-E venti!- gridò agli amici – non ho mai baciato così tante gnocche come da quando abbiamo messo in giro la voce che siamo principi colpiti da un maleficio!!- “Bella in arrivo!” Doing Doing
(Maluna Viola)

LA CADUTA
Ho iniziato a scrivere quando ero triste. Adesso quando non scrivo sono triste.
(Lucio Freni)

LA GRANDE ABBUFFATA
Danziamo, stanotte.
Facciamo nostri gli odori, annusando come cani da caccia.
Tocchiamoci fino a consumarci la pelle.
I Corpi saranno tatuati a furia di Morsi.
I nostri fuochi traboccheranno presto di legna.
Sfiniti e soddisfatti, dormiremo nel posto delle fragole.
(Wilhelmina Vagante)

LE VITE DEGLI ALTRI
Che ne sappiamo delle vite degli altri?
Dei lividi mascherati dal fondotinta, delle urla soffocate dietro quelle tende chiuse. – Buongiorno, signora, come va? – Tutto bene, grazie – Gli occhi che sfuggono quelli del vicino per non permettere alla disperazione di venir fuori con le lacrime.
Che ne sappiamo dei completini in pizzo nero che indossa quando non c’è nessuno in casa e gli fa strano rispondere al telefono con le unghie smaltate di rosso vivo: ” Sì, sono io l’ingegnere Baricca, dica pure.”
Che ne sappiamo dei risolini soffocati degli amanti sotto le lenzuola?
Che sappiamo degli altri?
Che ne sanno gli altri di noi?
(Patrizia De Vincentis)

NON E’ UN PAESE PER VECCHI
Vagava nell’ombra, seppur tutto intorno rumori ovattati negli incontri mancati, quasi inesistenti. Nelle via della città osservava le forme indefinite nel loro avvicendarsi, avevano voci, respiri, nomi, storie.
Solitudine pura che fluttuava nell’aria lasciando cadere lacrime al suolo, scioglievano l’oscurità del cielo in acqua. Le luci delle strade davano la parvenza di vita, ma nessuno si affacciava alle finestre. La vista confondeva il senso del posto con il tempo di coprifuoco.
Inconcepibile il divenire, aveva l’immortalità incastrata nella pelle. Era un’anima dannata!
(Cristina Gangale)

LETTERA DA UNA SCONOSCIUTA
Fosse stata un’email, sarebbe finita nelle spam. Per fortuna era una lettera.
(Elisa Borgonovo)

LO SPECCHIO
Ascoltami, è importante. Ti ho visto nascere, crescere, ho visto i tuoi primi denti da latte e ricordo quando eri piccolo e cercavi di raggiungermi saltando. Ti ho visto piangere, sorridere e ho visto anche un bacio appassionato con quella che poi sarebbe diventata tua moglie. Ho visto i tuoi figli, la tua felicità e le tue disgrazie. Osservavo beffardo il tuo invecchiare crogiolandomi nel mio splendere. Ora ti guardo dal basso all’alto, il chiodo si è rotto, e la scopa che mi accompagna verso il cestino ricorda che anche io sono un mortale, come te.
(Gianluca Fontanesi)

MADRE E FIGLIO
“Quanti debiti, figliolo! Un giorno saranno tuoi”.
(Patrizia Benetti)

MEZZOGIORNO DI FUOCO
11.58..11.59..12.
La lancetta della sveglia era collegata a un filo che era collegato a sua volta alla porticina di una gabbietta che si aprì lentamente. L’inquilino, un topo, si fiondò verso il formaggio, la trappola scattò e lo proiettò in aria dritto contro un nido di vespe. L’ape regina aveva fatto il 1942 e credette fosse un’offensiva tedesca: ordinò un attacco di massa contro un mastino napoletano che a sua volta se la prese col postino. Quest’ultimo pedalò verso il porto e consegnò la lettera; la cannoniera della marina sparò. Il proiettile colpì la casa, il sussulto fece volteggiare un colombo nascosto tra le travi che perse una piuma che si appoggiò sulle narici della nonna. La sveglia tornò alle 11.58, e il processo si sarebbe ripetuto fino a quando uno starnuto non l’avrebbe svegliata.
(Gianluca Fontanesi)

MISSION IMPOSSIBLE
Alla Fabbrica degli Universi erano molto esigenti. Sceglievano i migliori e io sapevo di non esserlo. Forse, però, ero il più testardo e questo, avevo pensato, sarebbe potuto bastare. Avevo studiato anni, esaminato ogni argomento in maniera minuziosa. Ero preparato a tutto. Tutto, tranne la domanda finale.
“Ci descriva qualcosa che non esiste”, mi propose il più anziano degli esaminatori.
Provai a rispondere ma, mi resi conto, qualsiasi cosa dicessi, tutto esisteva o era già esistito. Mi alzai, ripresi il mio casco e, preso posto nella navicella, feci ritorno a casa. Piangendo.
(Maria Rosaria Del Ciello)

LA RICERCA DELLA FELICITA’
Comincia col primo pianto.
Finisce nell’ultimo respiro.
Vive in te.
(Cristina Scardigli)

ORIZZONTI DI GLORIA
“Cosa fai, papà?”.
“Quello che mi pare”, ripose l’uomo, intento a lavare i piatti
(Patrizia Benetti)

ROCCO E I SUOI FRATELLI
Uno si chiamava Ercktozlestion.
L’altro si chiamava Speterodattero..
L’ultimo si chiamava Driticilliorion…
La produzione scelse il titolo senza sentire storie….
(René Miri)

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI
C’è mancato poco.
Ci hanno provato, ma la figlia si è messa a piangere e a pregare ed è scesa dalla macchina per non lasciarmi.
Il padre le urlava di salire e di non fare i capricci. E’ sceso anche il figlio e si è sdraiato per terra, sullo sterrato polveroso
Ero come il protagonista degli spot alla tv, ho cercato di fare il mio muso più triste e mi sono sdraiato di fianco al figlio. La madre guardava altrove, immobile
Ci sono stati pianti, poi silenzio , il padre ha fatto un giro per i campi lì vicino. Qualcosa è successo , qualcosa s’è smosso: sono risalito in macchina. Quanto poco c’è mancato, in questo pomeriggio d’agosto? Forse quel che è mancato ora non mancherà la prossima volta.
(Mariella Giunta)

RITORNO AL FUTURO
Il treno sfrecciava rapido eppure all’orizzonte le montagne scorrevano lente a rovescio, una prospettiva che sapeva di minaccia, come se il suo passato non volesse lasciarlo, non importava quanto velocemente fuggisse verso il domani.
Si voltò allora indietro: il treno macinava i binari lasciandoseli alle spalle, a morire in un indistinto punto di fuga. E i vagoni di coda lo inseguivano senza raggiungerlo mai.
Sorrise ed espose la faccia al vento. Il grigio di Londra stava già divorando la campagna. C’era quasi. Il futuro che si augurava l’avrebbe poi raggiunto un giorno alla volta.
(Matteo Pisaneschi)

TEMPI MODERNI
Ieri si viveva bene con i costumi adamitici, ora si sopravvive con quelli demagogici
(Floriana Plebani)

UN POSTO AL SOLE
L’ombra non le dava un attimo di tregua, fedele segugio del suo corpo, era incollata ad ogni suo andare. Le impronte si perdevano in quel nero torpore che la sorvegliava ogni istante, la corsa per fuggire da quella che era diventata un’amica troppo invadente, sembrava esser diventata inutile. D’un tratto, gli occhi mirarono un raggio di sole riflettersi nella pozzanghera che rallentò il suo cammino, perse di vista quell’ospite straniera e saltò dentro a quel piccolo mare. Assaporò il piacevole calore di quella luce che spazzò via quell’ombra buia che la stava soffocando.
(Melissa Ci)

UN TRANQUILLO WEEK END DI PAURA
Loro non sanno, com’è quando la settimana dei vivi, dei normali, finisce. Svegliarsi, ma essere un sonnambulo. Dormire, ma essere insonne. Mangiare, ma essere sempre affamato, come un cane rabbioso, come un ratto. Paura, sempre. Qualsiasi cosa fai, dici, pensi, dietro, in fondo a tutto, c’è una paura assoluta, un’angoscia che non si può nemmeno dire, un buio che ti risucchia ogni momento. Non sanno com’è vivere con i battiti del cuore accelerati come dopo una corsa, ma sempre, ogni istante. Una nausea che chiude la bocca dello stomaco, che ti rende assetato, rivoltato, malato. Non sanno com’è guardare fuori dalla finestra e desiderare che il mondo finisca, che si ripieghi su se stesso fino a che i suoi spaventosi confini non siano più vasti del perimetro del tuo letto. Loro non sanno che è una malattia che hai portato tu, un contagio di disperazione, e durerà per sempre, fino a che tu non sparisca, e non torni il lunedì, e non sparisca io.
(Alessia Massari)

UNA VITA DIFFICILE
Fu bruco strisciante,
crisalide prigioniera
e quando fu
finalmente libera
volò incauta
verso la luce
bruciandosi le ali
(Cristina Scardigli)

BASTARDI SENZA GLORIA
Avevano scelto una villa isolata, come sempre. Come sempre avevano aspettato l’arrivo del proprietario in auto. Come sempre all’apertura del cancello automatico erano entrati armi alla mano. Come sempre erano stati violenti e determinati. Come sempre era andato tutto per il meglio. Come sempre stavano spartendosi il bottino a casa di Franco, tre giorni dopo la rapina. Mentre come sempre stavano brindando a champagne la porta fu sfondata e diverse scariche di mitraglietta li finirono. Dando un calcio al corpo esanime di Franco, Gloria disse “Luridi bastardi, fare il colpo senza di me. Ma lo sapevo che oggi sareste stati qui a dividere, come sempre”
(Graziano Gattone)

NON CI RESTA CHE PIANGERE
Infelici e salici.
(Michele Lopopolo)

L’ATTIMO FUGGENTE
“Vorrei dirti una cosa.”
“Non c’è tempo! Ho messo l’orologio avanti e il calendario indietro, a prima che tu nascessi”.
“Vorrei dirti lo stesso qualcosa, prima che sia troppo presto.”
“Non è mai troppo presto, è sempre troppo tardi. Era già tardi, anche allora”.
“No, allora era presto, e poi forse abbiamo saltato una generazione. Vent’anni sono una generazione.”
“Non so, ma non possiamo dire che tu non mi abbia visto scendere quei gradini. Non mi hai più visto risalire, vero.”
“Ti ho visto, per un momento. Era estate, era inverno. Ti ho visto, come una mano a poker. Ti ho lasciato sul tavolo”.
(Alessia Massari)

VICINI DI CASA
A malapena conosceva i loro volti.
Perché stavano sempre voltati dall’altra parte.
Quella normale e giusta.
A lei invece piacevano le sedie sbagliate, poste nella parte sbagliata.
(Deborah Campolo)

UN AMORE DI DONNA
Silente da crisalide
sei divenuta farfalla.
Voli di fiore in fiore.
Colori vite sbiadite.
Il lieve fruscio
delle tue ali
ridesta speranze
che il tempo, inesorabile,
aveva assopito.
Sei proprio una Donna,
amore!
(Carmelo Giuffrida)

STRANGE DAYS
Parlano da soli. Mi fanno tanta impressione.
Credo siano malati, tutti. Come se un’epidemia avesse contagiato uomini, donne e anche bambini.
A volte li vedi urlare nell’aria, fare strani gesti con le mani.
Ora alcuni hanno smesso di parlare e li vedi comporre strane cose su piccoli aggeggi rettangolari che prima portavano alle orecchie.
Ho tanta paura. Sono giorni strani.
Non voglio ammalarmi anche io.
Poi però penso che a novant’anni suonati non corro alcun rischio.
(Maria Rosaria Del Ciello)

VINCITORI E VINTI
Padre, ho 18 anni, sono sul Fronte Russo. Abbiamo l’ordine di non mollare un metro ai Rossi. Ma loro hanno mitragliatrici, bombe, cannoni. Noi fucili a baionetta e scarpe di cartone. Si avvicinano. Ivan lo conosco dai racconti a scuola. Ho paura. Eccoli, sento le urla. Sono appena fuori dalla trincea. Fa -28 e sento l’urina gelarsi addosso in un attimo, mentre perdo il controllo. Sparo al sergente accanto a me, e me lo tiro sopra. Ed eccoli, i Russi: prendono a calci i cadaveri, sparano in testa, per essere sicuri. Sono 65 anni che vivo col rimorso, Padre.
Dio non mi ha voluto né vincitore né vinto.
(Roy Roberto)

DIVORZIO ALL’ITALIANA
Equa ripartizione. L’uomo si attaccherà alla pena e al pene in egual misura.
(Simone Scalzini)

IL SIGNORE DEGLI ANELLI
Si ritrovò finalmente nel luccichio di un piccolo cerchio di metallo, quello che gli permise di perdersi per sempre.
(Venere Manuela Di Gladyo)

LOLITA
Marta era intelligente, però non andava bene a scuola. Non si integrava con i compagni e aveva poco tempo per studiare. Amava la poesia, ma suo padre le aveva bruciato i libri che si era comprata di nascosto.
Di sera diventava donna. Labbra laccate e abiti corti evidenziavano un corpo ancora acerbo, ma a chi pagava per servirsi di lei non interessava.
Marta non voleva crescere, la vita era troppo dolorosa. Avrebbe voluto restare per sempre bambina per sentire ancora il profumo delle rose e avere qualcuno accanto che le asciugasse il sangue versato per tutte quelle spine.
(Sonia Tortora)

SEGRETI E BUGIE
Erano nel loro eterno limbo, la forza di gravità era assente nel loro spazio, leggiadri nel cuore, soffiavano parole d’amore sul petto, per entrarvi.
Erano le loro catene e la loro prigione, entrambi, erano aria e cielo, uno la custodia dell’altro.
Custodivano a vicenda segreti e bugie, aprivano lembi di pelle per nasconderli, ricucivano lo strappo con le labbra. Punti di sutura invisibili facevano sgorgare lacrime, nella loro lontananza.
Vincitori del loro amore, vinta la loro anima inquieta, consapevoli che mai avrebbero potuto viversi al sole, mai avrebbero potuto separarsi.
Cristina Gangale

PINOCCHIO
– Cara, ti presento mia madre!
– Piacere!
(Sonia Tortora)

QUASI AMICI
Una sincronia perfetta accompagnava l’incontro dei loro sguardi. Muti, ascoltavano il silenzio che li circondava. Mescolati in un abbraccio, danzarono sotto a quel albero sulla collina. I loro gesti ritmarono il battito di un cuore che si andava plasmando all’interno di un sentimento nuovo capace di dipingere il loro mondo.
(Melissa Ci)

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
Ogni volta mi sveglio urlando, madido di sudore. Mi sveglio con un senso di mal di testa opprimente. E’ tutto buio, e avverto odore di fiori. Il cuscino sotto la testa è fradicio. Passo la mano sul viso e sono rasato, io, che ho la barba. E, quando la mano percorre a 10 cm sopra la mia testa la lastra, e l’altra incontra i fiori al bassoventre, capisco. E urlo, urlo, urlo…Mi capita quasi ogni settimana, da quando abbiamo esumato mio nonno. Lo abbiamo trovato riverso. E vago, veglio per giorni. Col terrore di finire anch’io morto, vivente.
(Roy Roberto)

L’UOMO CHE AMAVA LE DONNE
Il mio funerale ideale, Epitaffio:
“Dovetti lasciare il lavoro a metà. Scusate”.
(Francesco Tàmmaro)

THE SOCIAL NETWORK
“Ho quasi mille followers, ricevo decine di tweet al minuto. Sulle mie pagine fioccano i like e i miei post sono tra i più condivisi del web. Mi taggano amici di ogni angolo del mondo, non riesco nemmeno a visualizzare tutte le notifiche. Per non parlare dei messaggi privati e le richieste di amicizia! Ho decine di blog seguitissimi; pensa: mi hanno eletta blogger dell’anno. E i miei tutorial interdisciplinari sono quasi leggenda, per non parlare dei forum e le chat… ”
“Scialla, nonna! E, per favore, schiodati da quel pc, ogni tanto! Mi serve per fare i compiti!”
(Anna Rita Foschini)

FINE

“Multisala Antonio Fogazzaro”: CIAK SECONDAAA!!!

“MULTISALA ANTONIO FOGAZZARO”, CIAK SECONDAAA!!!

A QUALCUNO PIACE CALDO
“Dannazione, Anna! Quante volte devo dirtelo che il caffè mi piace caldo? Lo voglio bollente! Capisci questa parola? Bol-len-te!”
Anna si chiede cosa l’abbia indotta a sposare l’odioso individuo che le strilla in faccia, deliziandola con i miasmi dell’alito pesante. Annuisce e mormora una scusa. Gli dà le spalle, per non ridergli sul muso. Mentre riempie ancora la moka pensa che quella parola la capisce benissimo. Bollente è la bocca di Fabio appiccicata alla sua, bollenti sono le sue mani, bollenti le frasi che ansima mentre fanno l’amore. Fabio: il suo amante. Suo marito non capisce un…
(Anna Rita Foschini)

ACCADDE UNA NOTTE
Un girasole, innamorato d’una stella, chiese al sole di tardare.
(Maruzza Dardanoni)

LES AMANTS
Lui scendeva le scale con il cuore in gola.
Il 23 arrivava in lontananza, che coincidenza pensò, ancora 23 minuti e le mie mani sfioreranno le sue, salì al volo sul tram e cominciò a sognarla.
Lei scostava una ciocca che le accarezzava il viso, con impazienza aprì la portiera del taxi e si accomodò con le gambe unite e tremanti, un filo di voce sussurrò l’indirizzo, il suo sogno era dietro l’angolo.
(Paolo Amato)

AMARCORD
Un dolce ricordo di me bambino nella casa dei miei nonni. Quel profumo nostrano al risveglio. Il ragù già sul fuoco alle prime ore del mattino. Sussurri di sottofondo. Il piccolo ospite si doveva svegliare lentamente. Aprivo gli occhi già carichi di vita e correvo subito fuori a consumare la più dietetica ma allo stesso tempo più energetica colazione. Un salto sull’erba ancora intrisa di rugiada, il solito cespuglio a farmi da divano e lo sguardo al cielo per nutrirmi di azzurro e rondini.
(Simone Scalzini)

AMICI MIEI
Quando ci conoscemmo, amici cari, giovani, bellocci e un po’ somari, pensavamo che la vita fosse un gioco, uno sberleffo e che durasse poco. Adesso che gli anni sono trascorsi e alcuni tra di noi son calvi o bianchi, vi guardo e penso che il dolore, che in agguato ci ha teso tranelli nel passato, l’abbiamo preso in giro per benino e che questa vita è durata… il tempo giusto per l’amore, l’amicizia e una ballata!
(Sandra Giordano)

BIANCANEVE E I SETTE NANI
Non era per niente una ragazza seria.
Ne aveva uno per ciascun giorno della settimana!
(Olga Pervenuti)

CARO DIARIO
Caro diario, ho da darti una notizia bella e una brutta. La bella è che oggi finalmente uscirò per la prima volta con Francesco, il ragazzo che sogno da tutte le notti da cinque anni a questa parte. La brutta è che mamma ha scoperto che non mi piacciono le donne.
(Anna Rita Lisco)

CASABLANCA
The Director’s “cut”.
(Eleonora Desiderio)

EVA CONTRO EVA (peccato c’era Adamo)
Stavolta la mia idiozia poteva scatenare un vero putiferio, un appuntamento alla stessa ora nello stesso luogo a due donne distinte. Avevo solo un maledetto vizio, cercavo le mie compagnie femminili tutte aventi lo stesso nome: Eva. Fremevo al pensiero, magari amavano qualcosa di diverso, solo cosi potevo evitare il linciaggio.
All’appuntamento non arrivai mai, un certo Adamo marito di una delle due mi aspettava sotto casa.
<< Dottore lo ingessiamo il braccio?>>
<< Prima la gamba infermiera>>
(Maurizio Spreghini)

IL BUONO IL BRUTTO E IL CATTIVO
Il buono era che la amava.
Il brutto che viveva con un’altra.
Il cattivo… il cattivo era lui. Non sapeva scegliere di vivere e le faceva morire entrambe.
(Segreto D’Animale)

IL MUCCHIO SELVAGGIO
C’era negli occhi della gente una durezza che non s’era mai vista.
Uscire dalla fila era pericolosissimo. Una poveretta era inciampata, aveva perso l’equilibrio e il fiume di gente l’aveva calpestata senza nessuna compassione. Proprio le donne erano le più cattive, una parola fuori posto e poteva scatenarsi una lite furibonda. Le borse diventavano clave nelle mani di quelle invasate.
Il sorvegliante, da lì a un minuto, avrebbe aperto le porte del centro commerciale il primo giorno dei saldi.
(Patrizia De Vincentis)

L’ODIO
Odio la supremazia dei carrarmatini blu.
A Risiko non gioco più!
(Patrizia Benetti)

L’UOMO CHE NON C’ERA
… arriva, come se niente fosse si mette a parlare di niente.
E’ vicino come un brivido.
Io gli rispondo, guardando con occhio arricciato dal riverbero del sole, cercando un modo distratto: “potresti spostarti che mi fai ombra?” “si, certo…”
Non finge più, si gira e se ne va. Rimango di nuovo con me stessa, con un crampo di nostalgia allo stomaco e una tremenda incazzatura nei nervi.
Nella mente, molto e il suo nome e ancora il modo dolce in cui lo chiamavo.
Alzo il mento verso il sole, scotta, mi serve per scaldarmi, ci sono 35 gradi, ma io sento freddo guardando il mio mezzo sogno andarsene con le sue lunghe gambe.
(Brigitta De’Tempi)

LA BELLA E LA BESTIA
Un giorno, Bella decise di fregarsene dei pettegolezzi altrui.
Urlò nel bosco la sua protesta, lasciando bisbigliare la foresta.
Scelse Bestia per la sua valenza, oltre l’apparenza.
Avevano entrambi un cuore speciale, capace di amare.
La loro differenza, forse solo un sortilegio da azzerare.
Toccava a lei creare il suo personale lieto finale.
Perché limitarsi a sognare, rinunciare, non tentare?
Brillava in cielo curiosa la luna, mentre le stelle stavano a guardare.
(Marina Paolucci)

LA CADUTA
AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH…
SPLAT!
(Maurizio D. Capuano)

LA GRANDE ABBUFFATA
Di luce e di gioia,
di sorrisi inaspettati
di primavera, finalmente.
Di te.
(Maura Marini)

LA VITA E’ MERAVIGLIOSA
La maggioranza degli uomini e delle donne che vedo,
si fanno piccoli sotto gli ombrelli e sbrigano i passi; sembra che pensino che l’acqua li potrebbe far disgregare come statue di creta.
E’ ora uscito dallo spigolo di mattoni un ragazzo; sembra che non gli importi della pioggia, cammina tranquillamente e le braccia dondolano; forse fischietta, magari ha ricevuto una bella notizia, forse ha una nuova ragazza o forse pensa solo che la vita sia meravigliosa, anche quando piove.
(Lucio Freni)

LE VITE DEGLI ALTRI
Ah, quante vite da vespa! Fertili, ma non regine.
(Anita e Numa Perfumo)

NON E’ UN PAESE PER VECCHI
Pellicola proiettata solo dopo aver sistemato tutti i cateteri sulle poltroncine.
(René Miri)

LETTERA DA UNA SCONOSCIUTA
Senti, ho fatto già le valigie da un po’ ma non credo t’importi qualcosa. Vivevo dentro di te in uno spazio che era vacuità; ora, so che sei stato tu. Timer, detonatore, qualcosa hai premuto; credimi, mi sento patetica ma ho un senso di colpa che non riesco a estinguere, avrei dovuto impormi. Un giorno patirai le pene dell’inferno, lo sai questo, vero? Sarò li a guardarti assieme a un angelo che aveva otto anni, e probabilmente non riusciremo neanche a ridere di te.
Con stima alcuna,
La tua coscienza.
(Gianluca Fontanesi)

LO SPECCHIO
Amico leale: nessuna bugia mentre ti guarda togliere la maschera.
(Odalisca Delle Febbri)

MADRE E FIGLIO
Speranza, paura, dolore.
Poi un pianto:
è la gioia,
la vita.
È crescere insieme
in una spirale di
speranza, paura,
dolore, gioia.
E sei madre
e sei figlio
per sempre.
(Cristina Scardigli)

MEZZOGIORNO DI FUOCO
Il sole splende a picco feroce, facendogli luccicare la fronte. Un rivolo di sudore gli scorre lento sul volto e poi esplode sulle labbra strette in una smorfia. Kane assapora quel sapore pungente: non è niente in fondo rispetto all’amarezza dell’abbandono.
Il vento spolvera silenzioso la strada deserta. Nemmeno il fuoco del mezzogiorno può scongelare quell’attimo cristallizzato di attesa.
Poi, vicino, un treno fischia. Il tempo torna a scorrere. L’orologio del comune ticchetta veloce verso lo zenit. È quasi ora. Kane accarezza la pistola bruciante e si prepara alla resa dei conti.
(Matteo Pisaneschi)

MISSION IMPOSSIBLE
Principe concedimi in dono
La tua spada lucente
Voglio uccidere il Drago
sventrare il mistero dei mille serpenti
Un giorno ho incontrato il Vecchio Mago
Ha spento i colori del giorno
anche il sole ha avuto paura
senza far per cent’anni ritorno
Non basta la forza dei miei giovani anni
A portare ristoro agli affanni
Nell’assenza di luce ho vegliato
e quando gli occhi si son chiusi stanchi
“son passati cent’anni e mi manchi” ho gridato
Ecco svelato il mistero
I serpenti s’avvolgono a cerchio
Tutto finisce all’inizio
Grazie Principe strano
hai giocato con me questa mano!
(Marina Lorena Costanza)

DA QUI ALL’ETERNITA’
Finalmente passato il confine, toccata la terra promessa. Ho le scarpe bucate e senza stringhe e sono la cosa migliore che indosso. Questi stracci informi se la ricorderanno in eterno, la fame e la sete, l’alito di terrore e speranza respirati questa notte.
Ho una piccola foto di mia madre nel sacchetto. Si è sporcata delle briciole di carne secca rimaste attaccate alla plastica.
(Mariella Giunta)

LA RICERCA DELLA FELICITA’
Continuerà sempre ad essere una “ricerca”.
Poiché è solo una parola.
Niente altro che lettere scritte vicine.
A formare una parola.
(Deborah Campolo)

ORIZZONTI DI GLORIA
Tutta questa valle, dai tuoi piedi fino all’Orizzonte, Gloria, un giorno sarà tuo!
(Marcello Perugia)

ROK E I SUOI FRATELLI
È Albanese, vive in Italia da sempre. Ricorda l’arrivo di Edrin e Ana, tre anni meno di lui, e dei piccoli Imir e Mat: i suoi fratellini del cuore. Lui è grande, ha dodici anni, e li protegge come può dal bastardo che si spaccia per lo zio. Li ha comprati e li tratta come schiavi: se non portano abbastanza soldi, sono cinghiate. Rrok ha sempre stretto i denti, ma l’angoscia che ha letto negli occhi di Ana, stasera, è troppo anche per un duro come lui. Ha capito che è successo “quello”. Lo zio dorme nella roulotte, ubriaco. Rrok fa cenno ai bambini di uscire. Accende il fiammifero e dà fuoco alla benzina.
(Anna Rita Foschini)

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI
………provate una giornata da agnello nel periodo di Pasqua
Ho deciso di scrivere questa lettera per mettervi a parte delle mie decisioni. Con voi non sto più bene, devo allontanarmi per un po’perché voglio lasciare libera la mia vera natura, che so a voi non piacere, desidero vivere senza orribili vestitini, mi sento troppo ridicolo, ambisco a non aver più nessun tipo di costrizione fisica, e non voglio essere trattato da bambino, non lo sono!!! Sono solo desideroso di vivere: QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI, e non torno a casa
Lassie
(Floriana Plebani)

RITORNO AL FUTURO
Il Presente chiede un aiuto al Passato.
Quest’ultimo ritorna sempre al Futuro.
(Luca Maio)

TEMPI MODERNI
Ieri, dopo lunga meditazione, ho deciso di chiedermi l’amicizia in FB… Sono passati due giorni ma ancora nessuna risposta… mi sono pure sollecitato su Twitter… Sarà per via del conflitto interiore? Stasera quando mi specchierò mi chiederò spiegazioni. Non vedo motivi validi per rifiutare una richiesta tutto sommato plausibile. Ma non mi illudo e non vorrei dare nulla per certo: lo sdoppiamento della personalità, consultando come si deve la carta d’identità, potrebbe sparire per incanto.
(Mario Bortot)

UN POSTO AL SOLE
Il silenzio sbatteva sul viso come la Bora, schiaffi vacillavano fra pelle e certezze, gli occhi chiusi per proteggere ciò che rimaneva. Non vedeva, così, il dolore sull’altro viso: la osservava dentro il letto in quella stanza semibuia. Aveva nuvole scure di temporale ai lati degli occhi, le accarezzava con le dita quando qualche goccia bagnava le ciglia, doveva essere coraggiosa ed accettare. C’era bisogno di sole e di vita in entrambe. Controllò la linea sul monitor, erano troppe le volte che il picco innalzava il timore. Sulle gote sale sciolto, sussurrò che il sole sarebbe tornato.
(Cristina Gangale)

UN TRANQUILLO WEEK END DI PAURA
Loro non sanno, com’è quando la settimana dei vivi, dei normali, finisce. Svegliarsi, ma essere un sonnambulo. Dormire, ma essere insonne. Mangiare, ma essere sempre affamato, come un cane rabbioso, come un ratto. Paura, sempre. Qualsiasi cosa fai, dici, pensi, dietro, in fondo a tutto, c’è una paura assoluta, un’angoscia che non si può nemmeno dire, un buio che ti risucchia ogni momento. Non sanno com’è vivere con i battiti del cuore accelerati come dopo una corsa, ma sempre, ogni istante. Una nausea che chiude la bocca dello stomaco, che ti rende assetato, rivoltato, malato. Non sanno com’è guardare fuori dalla finestra e desiderare che il mondo finisca, che si ripieghi su se stesso fino a che i suoi spaventosi confini non siano più vasti del perimetro del tuo letto. Loro non sanno che è una malattia che hai portato tu, un contagio di disperazione, e durerà per sempre, fino a che tu non sparisca, e non torni il lunedì, e non sparisca io.
(Alessia Massari)

UNA VITA DIFFICILE (dedicata a chi veramente l’ha vissuta)
A MIO PADRE
L’urlo delle bombe
Le carni straziate
Le fughe gli spari la morte
La neve chiazzata di sangue
Il sangue e le schegge
Confitte nel perone
Con tre, tre ufficiali tedeschi
Fu fatto lo scambio
I fascisti ti volevano morto
Vivo la pace per il tuo valore
Per ricordo ho due medaglie
Qualche foto, degli appunti
Il tuo sangue nelle vene
Peccato non essere stato te
(Graziano Gattone)

BASTARDI SENZA GLORIA
L’uomo la prese per mano e le disse che sarebbero andati a casa insieme.
– Ma io non ti conosco.
– Sono un amico della tua mamma, non avere paura.
La bambina non era convinta, ma distratta dalla magnifica bambola che l’uomo le regalò alla fine era salita su quell’auto nera della morte.
(Sonia Tortora)

NON CI RESTA CHE PIANGERE
Una perla, dopo aver solcato il tuo viso, cade sul biglietto tra le pagine del libro proprio mentre lo chiudi. Si spande tra la pagina superiore e la busta che contiene le parole d’amore. Tu non vedi ma la tua perla si è fusa con le ultime due lettere della parola Amore sciogliendo l’inchiostro con cui erano state vergate. Le tue parole soffiate con passione corrono lungo l’invisibile filo argenteo che lega i nostri cuori, non riesco ad ascoltarne le sillabe ma ne percepisco il suono. Lo sento, mi brucia.
(Ugo Cavaterra)

L’ATTIMO FUGGENTE
Beh? Allora ce la fai o no? Sai dove sono, sai “come” sono. Mi hai perfino descritto, come un personaggio Pirandelliano, tratteggiato come Renoir col suo folle oggetto di desiderio, “Esmeralda che balla nuda”, eppure… non mi cogli. Cosa ti succede Uomo? Senza catturarmi non ti senti ancora al centro esatto dell’Universo? Non ti basta gareggiare con Dio. Tu, vuoi, devi vincere. Ma io sono un attimo, ed un attimo è un infinito di infinitesimi. E nell’infinito ti perdi. Forza, sono qui, io ho Tempo “da sempre e per sempre”. Non ho fretta, ti aspetto.
Tuo ( per modo di dire) Bosone di Higgs
(Roy Roberto)

VICINI DI CASA
Milano, anni sessanta.
D’estate si viveva con le porte aperte sul pianerottolo, alla ricerca di un refolo d’aria. Le mamme cucivano sulle seggioline e i bambini giocavano per le scale.
In inverno, venivano chiuse solo le porte a vetri interne, in genere senza chiave. Il pianerottolo veniva attraversato molte volte, per chiedere il prezzemolo, o per portare la spesa fatta a chi non poteva uscire. E quando si cucinava qualcosa di speciale, lo si offriva in assaggio ai vicini di casa.
(Elisa Borgonovo)

UN AMORE DI DONNA
La sua sensibilità riusciva a conquistare chiunque avesse modo di conoscerla bene, e chi la conosceva non poteva fare a meno di apprezzarne le numerose qualità di alto valore morale. Eppure la vita non era mai stata generosa con lei: quante amarezze e quante sofferenze a causa di quel suo aspetto particolare. Per fortuna, dopo un po’ che le stavi accanto, non vedevi più il suo aspetto esteriore ma soltanto “un amore di donna”. E pensare che quando era nata l’avevano chiamata Luigi.
(Giusi Corrao)

STRANGE DAYS
Il vento spirava nei tuoi capelli. Odor di sabbia sentivo nella tua pelle. I giorni trascorrevano stranamente insieme a te. Ascoltai mille volte e ancora mille volte, ” strange days “. Il nostro pezzo di quei giorni strani ma piacevolmente armoniosi di un emozione chiamata Amore.
(Luca Maio)

VINCITORI E VINTI
Non c’erano vincitori né vinti in quel luogo. Solo la fusione momentanea di due anime, che si rispecchiavano nello stesso sorriso.
(Venere Manuela Di Gladyo)

DIVORZIO ALL’ITALIANA
Fastidioso ed insistente il suo roco vociare, incomprensibile agli sconosciuti.
Troppa la facilità con cui gli escono parole.
E’ solo un blaterare! Non doloso ma pur sempre fastidioso.
Ora ho un mezzo di rottura che non cambierà la sua natura
Ma portando lo scompiglio, sarò lontana da lui un miglio.
Se le tenga le parole, ché da lontano mi stanno più a cuore.
(Vittoria Alices)

IL SIGNORE DEGLI ANELLI
In tutta la sua vita otto matrimoni, seguiti da altrettanti divorzi, di cui quattro all’italiana, uno alla olandese, uno alla tunisina, uno alla tedesca ed uno alla giapponese. Proprio perché non aveva pregiudizi razziali quando amava, non per altro.
S’era invaghito, fidanzandosi, di ben 19 donne.
Fu amante segreto di 27 spasimanti.
Innumerevoli, storie di sesso senza amore.
Con tutti gli anelli donati,
poteva farsi una catena dell’amore senza legami,
imprigionato com’era dal suo egoismo anaffettivo.
(Michele Lopopolo)

LOLITA
Al telefono.
Voce da Bambina.
Parole da Donna.
Provocazioni da Amante.
(Wilhelmina Vagante)

SEGRETI E BUGIE
Un altro anno si è aggiunto sulle spalle di quel corpo che cambiava colore proprio come fanno le stagioni. In ogni medesimo minuto era sole, luna, stelle, nuvole, pioggia, vento, foglie in movimento. Un segreto attorno a quel tempo che correva troppo in fretta, un bugia nascosta dentro ad un numero apparentemente certo. Oggi è aprile, oggi è ieri, oggi è domani, oggi è poi.
(Melissa Costi)

PINOCCHIO
Appena si svegliò il ragazzo sentì uno strano dolore alle gambe e un insolito prurito sul viso.
– Mamma, sto male! – gridò.
La madre entrò in camera e lo osservò con attenzione. Aveva i pantaloni del pigiama che lasciavano scoperta la metà abbondante dei polpacci e una leggera peluria gli ombreggiava le gote.
Sorrise, la madre.
– Niente paura, caro. Stai crescendo…
(Maria Rosaria Del Ciello)

QUASI AMICI
Caldo. Buio avvolgente. Rumori attutiti. Comodo. Accogliente. Pace.
Improvvisamente tutto si stringe, comprime, spinge fuori. Luce che incendia gli occhi. Aria che scotta i polmoni. Grida. Freddo. Aiuto!
-Femmina, ore 15.12 complimenti signora sta bene!-
Insomma… non sto proprio benissimo. Addio per sempre posticino dolce e ccogliente. Ormai eravamo diventati quasi amici.
(Chiara Rigamonti)

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
“Caro zombie… non ti rassegni vero?!”
“Scherzi?!? Ho puntato tutto su talk-show scandalistici tipo quelli condotti da Barbara D’Urso o Bruno Vespa: credimi! Non ho un momento di pace! Ho più notorietà adesso che quando ero all’apice! Il morto, fa sempre audience…”.
(Francesco Tàmmaro)

L’UOMO CHE AMAVA LE DONNE 3D
Nella versione con occhialini e occhiaie.
(René Miri)

THE SOCIAL NETWORK
“Vedi, amico mio, devi immaginare Facebook come i vecchi viaggi in treno: tutti parlano e raccontano, ma, quando il viaggio finisce, ognuno va per la sua strada”
(Carmelo Giuffrida)

“Multisala Antonio Fogazzaro”, CIAK PRIMAAA!!!

MULTISALA ANTONIO FOGAZZARO”, CIAK PRIMAAA!!!

A QUALCUNO PIACE CALDO
Era stanca della solita vita. Non sopportava più questo morire vivendo. Così decise. Afferrò al volo la borsa e la giacca di pelle e saltò in macchina. Con foga si tuffò nelle strade del tramonto invernale, fuoco che brucia l’aria rendendola colata d’oro. Il pulviscolo della vita consumata si levava in una danza folle attorno all’auto che scorreva veloce sul litorale. Il mare, quel mare era l’unica cosa che le dava ancora respiro. Posteggiò di traverso e si gettò vestita nell’acqua ghiacciata. A qualcuno piaceva caldo, a lei no, lei lo preferiva gelido, come la sua vita.
(Segreto D’Animale)

ACCADDE UNA NOTTE
L’idea di te si fece materia.
Quel bacio in strada era vero, reale.
Paradossalmente mi strappasti dalla realtà, per portarmi nel sogno.
Un bacio che mi donò leggerezza. Volteggiai con il cuore, la mente confusa.
Accadeva che le mie emozioni si fondevano alle tue.
Sguardi imbarazzati ci seguivano, ma noi sorridevamo.
E così quella notte accadde che divenne giorno, un nuovo giorno per noi.
(Vera Castellucci)

LES AMANTES -LA MIA DONNA PIANGE.
Non dico mai “la mia donna”, non le piace.
Sono donna anch’io ma non capisco.
E la carnalità?
La trasgressione?
Non mi bacia in pubblico né vive con me.
Dubito del suo amore per ricevere attenzioni.
Dubito della sua omosessualità; lei ne ride e lascia il dubbio al suo posto.
Uso Ugo per sfogarmi, da’ peso alle mie parole, mi da’ corda.
Lei ancora piange
Asciugo lacrime che vorrei per me.
Costante voglia di lei, femminilità ossessionante.
Vorrei ferirla ma lei mi parla.
Ti lascio- mi dice.
Tutto diventa dolorosamente chiaro.
Non è amore, lei lo sa.
Piove mentre mi allontano dalla sua vita.
(Vittoria Alices)

AMARCORD
Fotogrammi, lividi nella memoria.
Tatuaggi fatti con speciali inchiostri.
I ricordi.
Riversi e rivoltati dentro nere voragini.
Dentro specchi che risplendono sempre.
Graffiati, ripassati d’acqua quando ritorni a vederli.
La mente ha gli occhi grandi.
(Deborah Campolo)

AMICI MIEI
Lo so di avere una faccia da schiaffi.
Non per nulla in treno viaggio sempre gratis.
(Graziano Gattone)

BIANCANEVE E I SETTE NANI
La madre muore nel darla alla luce; suo padre sposa una donna che la odia e che cerca di ucciderla assoldando un cacciatore subumano; non stupitevi se ha preso la strada sbagliata, finendo ad assecondare i suoi istinti più bassi: Biancaneve e i sette nani.
(Maurizio D. Capuano)

CARO DIARIO
Caro diario, oggi mia madre mi ha svegliato alle otto preoccupata, ma gli ho subito fornito tre validi motivi per non andare a scuola oggi: è noiosa, gli alunni mi prendono in giro, gli insegnanti non mi danno retta. Ma mia madre mi ha obbligato con altre tre motivazioni: “Primo: è un tuo dovere! Secondo: hai 45 anni. Terzo: sei il Preside!”
(Mauro Sighicelli)

CASABLANCA.
Partii un po’ timoroso, tornai rilassata.
(Gianbattista Castellucci)

DA QUI ALL’ETERNITA’
Sono pochi passi, che dividono la Storia, che contraddicono il passato. Un respiro trattenuto, seguito da sbuffi di alito caldo e da un suono di locomotiva in corsa. Prima di iniziare a sudare sarò già eterno. Seguimi con lo sguardo, se puoi: quando rialzerò la testa sarà per sempre. Perché da qui all’eternità ci sono solo cento metri e dieci secondi che cambiano il mondo.
E ci sono un’anima e un cuore che batte come tutti gli altri.
Forse un po’ più forte.
(Raffaele Marra)

EVA CONTRO EVA
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” Da piccola, Eva, davanti allo specchio cantava questa filastrocca.
Ora guarda, in silenzio.
Guarda la pancia, sempre più tonda, sempre più gonfia.
I polpacci, che sembrano aumentare di volume ogni ora.
Il sedere: sporgente, pare quello di un ippopotamo.
Le braccia, così molli, cadenti, grosse.
Enormi.
Tutto è enorme.
Grosso.
Grasso.
Che schifo. Eva si dirige verso il water, trascinando i suoi 30 kg.
Ora va molto meglio.
(Chiara Rigamonti)

IL BUONO IL BRUTTO E IL CATTIVO
Erano esattamente la stessa persona, ma non contemporaneamente. La sua natura si manifestava a seconda della situazione del contesto. Il suo aspetto era comune, ma ad alcuni appariva bello, ad altri brutto e ad altri ancora cattivo, e non solo. Era “Uno, nessuno e centomila”
(Giusi Corrao)

MUCCHIO SELVAGGIO
Luci soffuse. Quasi buio.
Sei Manuel o Gabriella?
(Michele Lopopolo)

L’ODIO
Mezzanotte. Fuori è freddo.
Affondi il viso dentro quel minuscolo ritaglio di specchio rotto dal fragore dei bombardamenti.
Che immagine ha l’odio che ti partorisce in grembo?
Guance imbronciate e due cerchi scuri a contornare gli occhi di fanciulla.
Il cuore è in subbuglio e la testa pulsa, quasi a scoppiare.
Tanti fratelli cresciuti come te all’ombra dei bulldozer di Gaza. Poche ore ancora e tutto sarà fatto. Ma tu non hai paura. Indosserai la tua cintura di castità e ti farai esplodere per le vie di Gerusalemme. Perché la vita è dolore. Non conosci l’amore. Ma presto il mondo parlerà di te.
(Luca Zappalà)

L’UOMO CHE NON C’ERA
In disparte osservava occhi avidi di curiosità rapire l’ immagine di quell’uomo che abbandonavo il suo mai posseduto corpo.
Un “lui” che sentiva di esistere solo sulla carta scritta da burocrati. Un “lui” inconsapevole, che si affidava all’orchestrare di mani che si sfiorano in gesti conosciuti e consumati, per essere, e non sembrare più.
Socchiuse gli occhi, chiuse la mano a pugno ad afferrare l’attimo e, nella sospensione farmacologica della coscienza e del tempo, attese.
Dischiuse gli occhi, ritrovò il rumore del suo cuore, sorrise sfiorandosi: finalmente apparteneva a se stessa!
(Stefania Ruggiero)

LA BELLA E LA BESTIA
Anna è una donna dai capelli biondi,
occhi chiari e un fisico da favola.
Zanna Storta, un cane dal pelo nero e dai grandi denti.
Ogni sera
Alla stessa ora
Anna, l’amata padroncina si trasforma in bestia chiudendo la bellissima cagnolina dai denti storti dentro uno scatola fino all’alba del nuovo giorno.
(Sabatino Simonicca)

LA CADUTA
Erano più di mille.
Un esercito che avrebbe fatto invidia a Garibaldi.
Fieri nel loro abito rosso, fedeli alla loro terra natia.
Si muovevano all’ unisono, incontro alle intemperie.
Un nemico imbattibile ed un destino segnato li colpì.
Caddero, inesorabilmente, uno dopo l’altro.
Nemmeno il gusto di leggere le loro gesta?nei libri di storia.
Mai caduta fu più inutile dei miei capelli.
(Paolo Amato)

LA GRANDE ABBUFFATA
Poesie, favole, racconti , romanzi, scritti, parole, pensieri, lettere, gioia, amori, ricordi , solitudine, piangere, ridere, sorprendere, emozionarvi …
(Luca Maio)

LA VITA E’ MERAVIGLIOSA
La notte di Violet e’ colorata: luci da ribalta e buio di coscienza. Desiderio e profumo: tentazione e perdizione.
La mia notte che anticipa il Natale e’ voglia di scappare, di andare anzi: e’ l’assoluto, l’indicibile: voglia di non esserci mai stato…mai esistito…mai nato!
Io sono quotidianità che strozza, rincorse e affanni e l’infinita disponibilità di tutti i George Bailey del mondo.
Finché … Un angelo, vestito da passante ricorderà a Modugno come si scrive una canzone: MERAVIGLIOSA come la vita.
(Mirco Mazzini)

LE VITE DEGLI ALTRI
Da piccolo si preoccupava sempre delle vite degli altri
Donò la sua vita per gli altri !
Un giorno capì che lui era diventato ” GLI ALTRI”
Ed era solo…
(Poesia, Arte & Musica)

NON E’ UN PAESE PER VECCHI
Occhiali da presbite, settimane enigmistiche, dentiere a prova di torrone, apparecchi acustici anti isolamento, creme dell’eterna giovinezza, poltrone col telecomando anti rovesciamento tipo tartaruga sul guscio, mutande per nonne incontinenti che vanno in bicicletta con aderentissimi pantaloni bianchi, erano tutte cose sconosciute. Nessun pensionato controllava i lavori nei cantieri, le chiese e le sale Bingo erano deserte, non c’era coda alle poste i primi del mese e le pasticcerie servivano a postine strafighe solo torte di noci e lamponi.
(Milena Milani)

LETTERA DA UNA SCONOSCIUTA
Lectori Salutem
(Floriana Plebani)

LO SPECCHIO
Era sempre stato cattivo con lui. Cercò di ricordare un solo gesto gentile di quell’uomo che adesso giaceva privo di vita a terra. Lo assaliva un inspiegabile senso di colpa ed inquietudine appena pensava di aver ricordato quel solo gesto, ma lo eludeva dicendosi che era tutta colpa dell’età che avanzava appannando la memoria. La realtà era che lui gli aveva fatto male già ancor prima che nascesse, quando aveva osato invadere il suo spazio amniotico. Era ciò che meritava. Lavò via il sangue dalle mani, ma inorridì accorgendosi che quell’uomo era ancora vivo nel suo riflesso allo specchio.
(Annalisa Mannuzza)

MADRE E FIGLIO
Ricordo i tuoi occhi, posati sui miei. Ricordo che mi leggevi, senza possibilità alcuna di bluff.
Alla mercé tua: bastavano gli occhi.
Poi, crescendo, hai la fortuna di prendere in braccio per primo i tuoi figli, sentirli tremare per lo sbalzo termico; e senti la consistenza, il peso, la voce di un sentimento che, piano, è cresciuto dentro. Ma ho sempre provato l’invidia del “grembo”, quella forse non codificata da Freud. Perché “padre” è bello. Ma “madre” è un privilegio. Sentire crescere non solo nel, ma anche sotto il cuore un atto d’amore. Mi mancano gli occhi, ma quelli di non essere madre.
(Roy Roberto)

MEZZOGIORNO DI FUOCO
Un incontro fugace, e impetuoso. Il sole trafigge le veneziane abbassate , leggermente oblique. Il rumore delle sedie spostate, dei fogli sparpagliati, il morso della distanza che diviene insopportabile, e tutto diventa febbre.
Eppure, di quegli attimi ardenti si potrebbe raccontare con dolcezza lo sfiorarsi e poi il divorarsi e poi il respirarsi piano in silenzio.
Poi è quasi ora di pranzo, giusto il tempo per un panino veloce.
(Mariella Giunta)

MISSION: IMPOSSIBLE
Questo post, si autodistruggerà tra cinque secondi…
(Eleonora Desiderio)

LA RICERCA DELLA FELICITA’
I notturni richiami
di sentinelle alate
Risuonano
di stella in stella
e segnano il cammino
negli spazi interdimensionali
all’onirico viaggiatore
che è alla ricerca della felicità
(Ugo Cavaterra)

ORIZZONTI DI GLORIA
Prove che inaspettatamente
si raggomitolano
ai miei piedi.
Guardo oltre.
(Maura Marini)

ROCCO E I SUOI FRATELLI
Quando ancora non era diventato di moda per via di Madonna, Rocco era un nome del sud.
Quando Milano era accogliente con gli immigrati e le loro famiglie.
Quando Visconti girava in bianco e nero.
Quando i film del neorealismo italiano erano capolavori.
(Elisa Borgonovo)

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI
Boston, 15/04/2013
A poco, papà avrebbe tagliato il traguardo.
Entusiasmo, folla e fiumi di gente… Una linea da superare,
Un boato.
Le urla di gioia si trasformano in terrore.
Avevi solo otto anni.
(Olga Pervenuti)

RITONO AL FUTURO
Io ritornerò
Tu ritornerai
Egli ritornerà
Noi ritorneremo
Voi ritornerete
Essi ritorneranno.
(Marcello Perugia)

TEMPI MODERNI.
Affonda, mentre la mente affronta.
(Stefania Faber)

UN POSTO AL SOLE
Il primo sole vero uscì ad aprile. Sui sassi bianchi del giardino apparve, fiacca, la lucertola. Il passare di una nuvola rinfrescò le cose e l’innocuo rettile, a testa alta, si ritrasse a scatti sfuggendo alla grande ombra terrestre. I tulipani gialli e rossi, ghiotti di luce e dai volumi ormai perfetti, si mossero col vento. Poco più in là, sopra una balza murata a secco, un ramo di ciliegio esplose silenzioso nel bianco vivo dei suoi primi fiori. E sotto un olivo, a goder della luce piena e sincera del sole, una coppia di vecchi, rugosi e sereni, seduti assieme sul duro legno della vecchia panca.
(Mario Bortot)

UN TRANQUILLO WEEK END DI PAURA
Viene lo sabato! Diamo initio a li riti saturnali.
Purificar lo corpo e li capeli con la potione schiumogena.
Racatar da lo pavimento calzari e vesta de li filii. Metter li panni impuri ne lo tino macanico con la polvere alba.
Passar lo formichiere macanico per aspirar onni plus parva impuritate.
Andar a lo mercato a comperar lo cibo.
Fermarsi a la locanda per rinvigorir lo corpo con la potione obscura e comperar lo bilieto de la fortuna (che mai arriba).
Tornar a casa e metter lo cibo su lo foco.
Ah! Lo sabato foriero del dì di festa che già s’annuvola a sera al pensier de lo duro laboro de la setimana!
(Maluna Viola)

UNA VITA DIFFICILE
Lo era. La sua era una vita difficile.
Piena di sacrifici, preoccupazioni, fatiche e paure.
Un giorno si accorse che era il suo approccio alla vita difficile, non la vita, così scelse di viverla e tutto divenne semplice.
(Lucia Demma Carà)

NON CI RESTA CHE PIANGERE.
Quando, mangiando un Frutto di Stagione per la prima volta nell’anno, si esprime un Desiderio che non ha nulla a che fare con l’Amore, vuol dire che ce n’è.
(Wilhelmina Vagante)

BASTARDI SENZA GLORIA
Mi chiamo Prorzac, nome spiritoso e demente affibbiatomi dalla figlia del vecchio, nel tentativo di tirare su di morale il padre afflitto da senilità incalzante…invece è lui che tira giù me, mi strattona villanamente, mi scalcia se si imbatte in me girando per la camera….Ieri mattina dice la figlia: via babbo, predi Prozac e andate a fare una giratina…detto fatto eccomi armato di collare e guinzaglio in mano al vecchio…una volta fuori mi ravvivo: l’aria è tersa e gli odori solleticano il mio nasone rosa…prendo il via trascinandolo verso strade cariche di interessanti effluvi…Mi segue barcollando, mi chiama con la sua voce querula e isterica: non mollo certo e, orecchie al vento, cavalco per le strade sconosciute verso il porto…Ad un certo punto lui stramazza su una panchina e io mi acquieto: ormai non sa mica orientarsi, lo so…VENDETTA!! Pacifico, allungo il mio serafico muso e mi addormento al sole tiepido. Sogno.
(Paola Braccini)

L’ATTIMO FUGGENTE
Immobili come lucertole al sole, in piedi sui banchi come sentinelle all’alba, raccogliamo i pensieri che hanno illuminato le nostre menti e fieri mostriamo allo sguardo del sapere il nostro coraggio. Siamo amore e pensiero e il nostro futuro è il progetto libero di un mondo migliore.
(Sandra Giordano)

VICINI DI CASA
Lei era piccolina, coi capelli grigio ferro. Lui, azzimato, col sorriso facile, di pochissime parole.Tutte le sere una passeggiata con quel cagnolino dal nome buffo, Ambrogino.Dalla finestra della cucina si sentiva rumore di piatti e musica, quella antica, un po’ demodè. Sul balcone un vaso di basilico, uno di prezzemolo e due gerani, così, per fare un po’ di colore.
Li trovarono abbracciati sul letto, il cagnolino che uggiolava sul tappeto e una lettera sul comodino con una sola parola: Perdono.
(Patrizia De Vincentis)

UN AMORE DI DONNA
Non si stancava di guardare quella donna meravigliosa che sembrava un pezzo di paradiso venuto giù. Voleva baciarla ora, subito; ma il rossetto violento si sarebbe sbavato sul lucido argento dello specchio.
(Lucio Freni)

STRANGE DAYS
Una settimana ogni 28 giorni!
(Sonia Tortora)

VINCITORI E VINTI
“Un vincitore ci deve per forza essere, dico io; la battaglia potrebbe durare ore, giorni e addirittura anni, qualcuno sul glorioso carro ci deve pur salire. Per il sottoscritto però la questione è decisamente diversa: in teoria sarei il sovrano, ma senza poter fare più di tanto per onorare la mia carica. Mi sento un uccello con le ali tarpate in maniera violenta, un rapace affamato costretto quasi sempre ad osservare. Cederei volentieri le mie fattezze per un po’ d’azione, ogni tanto. Non chiedo molto. Un vincitore ci deve per forza essere, dico io; mi ritrovo però sempre a vestire il ruolo del perdente di lusso. Al massimo vengo chiamato in causa per un arrocco, nient’altro, la scatola in cui poi vengo riposto inizia anch’essa a starmi stretta.”
(Gianluca Fontanesi)

DIVORZIO ALL’ITALIANA
Lei – voglio gli alimenti.
Lui – Ok, quanto?
Lei – Tre milioni di euro al mese..
Lui – Cribbio!
(Marcello Perugia)

IL SIGNORE DEGLI ANELLI
Arrivava all’ora del blu, quando il tramonto cede il passo alla notte e le stelle brillano luminose. Versava un po’ d’acqua torbida e del cibo rancido nelle ciotole rugginose, sganciava le catene dai pesanti anelli che le fissavano al muro e concedeva loro pochi minuti, per placare i morsi della fame e della sete. Nemmeno il tempo di sgranchire le membra doloranti: con ordini secchi e l’aiuto del bastone li imprigionava di nuovo. Quella sera la luna splendeva nella sua pienezza e i rottweiler ne subivano l’influsso. Il signore degli anelli sferrò qualche bastonata di troppo… non tornò a casa.
(Anna Rita Foschini)

LOLITA
La chiamano la “piccola venditrice di sorrisi”.
Vestiva un abito nero provocante, a ingannare il viandante.
Senza tetto, bramava affetto, e pochi soldi per campare.
Ogni uomo l’andava a cercare.
A volte lei ci stava, altre no. Toccata e fuga.
Quella non era vita da adolescente.
Alla sera, triste, smetteva le vesti. Schivava gli specchi.
La luna, spettatrice silente, scuoteva le punte.
Le stelle non giudicavano e scaldavano di luce le sue notti.
Lolita si addormentava, e sognava un futuro migliore.
(Marina Paolucci)

SEGRETI E BUGIE
Immagina un solo posto. Unico. Una stanza. Il camino acceso.
Nevica.
C’è un silenzio lieve intorno.
Io e te. In un posto della terra. Lontano da fuochi di guerra. Vicino al cielo impreziosito da nuvole bianche.
Nevica.
I perché della vita deposti fuori l’uscio.
Io e Te.
Io dentro la tua voce. Tu dentro il mio silenzio.
Non so dirmi perché tutto questo è capitato proprio a me, proprio a noi. Un motivo ci deve pur essere. So che ci siamo incontrati per caso, ma che non è un caso se qualcosa che assomiglia molto a un legame si è instaurato tra noi e ci tiene così come ci tiene.
Non sai quanto vorrei avere un’altra quotidianità da sottoporti, quali altri momenti vorrei porgerti.
A volte chiamo in soccorso la fantasia per inventarmi una realtà che non esiste.
Ma poi mi ri-domando: ha senso?
La fantasia preferisco, ora, liberarla per farla volare oltre le montagne , oltre i tetti di una non-città scontrosa perché giunga fino a te. Non so bene dove cercarti, in quale “altrove” ora ti trovi.. ma la fantasia ha gli occhi di mille falchi e riesce ad individuarti. E se ti ghermisce, non ti molla più.
Come vorrei piacermi quanto tu piaci a me.
Ho l’indicatore dell’ auto stima che lampeggia, segnala “riserva”. Se non è buffo ciò, quanto meno spiega perché il mondo reale sembra non bastarmi più.
Devo spegnere questa luce.
Ma io senza di te sono completamente al buio.
(Darya Ginevra Anais)

PINOCCHIO
Dopo accurati studi, si scoprì che non era il naso ad allungarsi…
(René Miri)

QUASI AMICI
E’ stato un incontro quasi casuale, ma si sa, le grandi amicizie, come i grandi amori, partono a volte proprio dal niente, a tua insaputa. Comunque, lei arriva di corsa, lui invece è già li che l’aspetta – ha l’abitudine piacevole di arrivare sempre un pochino prima del convenuto. Si siedono vicini al solito tavolino. Lu tira distrattamente la tazza di caffè verso di sé, la tovaglia si arriccia. La sua mano rimane lì, immobile sul piattino, e il caffè si fredda subito, poi. La guarda. Dice ‘andiamo’, e corre via come spaventato da qualcosa che non si vince, qualcosa che ti corre dietro anche se vai via senza voltarti. ‘Fermati’ grida alla sua nuca – poi lo guarda, dubbiosa. All’improvviso, lui la abbraccia, si aggrappa alle maniche della sua giaccia come un naufrago ad una zattera di fortuna. Racconta a bocconi di una vita in bilico, un disastro dietro l’altro, non sa più come uscirne. Respira solo a tratti, come se dovesse pagare anche l’aria e non se ne potesse permettere abbastanza. Lei sta lì in piedi, con gli occhi sbarrati e la sensazione di essere un’inutile ingombro nella vita di questo tizio, che non sa come rimettere in piedi. Gli tocca piano i capelli, per non tirarglieli, e tra sé prega dio che mai più la punisca delle sue cazzate facendole vedere le lacrime di un uomo.
(Alessia Massari)

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
Sono davvero vivi? Ucciderli è omicidio? Provano emozioni e dolore, anche solo in una mera ombra di quel che sono stati?
O sono solo cadaveri ambulanti, pupazzi di carne marcia mossi dagli invisibili fili del fato e della violenza? Il prossimo gradino evolutivo, l’ultimo anello della catena alimentare?
Riguardo gli zombie i punti di vista possono essere molti ma il mio è uno solo: dal mirino di precisione del mio fucile vedo le cose in un unico modo, chiaro e preciso.
Il fatto che ciondolino pigri per le strade mi facilita poi non poco.
BANG!
La testa esplode.
Centro perfetto.
Avanti un altro.
(Matteo Pisaneschi)

L’UOMO CHE AMAVA LE DONNE
come pittore di fronte ogni volta ad un nuovo capolavoro, le sue mani trasformate in abili pennelli, i loro corpi in immacolate tele.
(Alex Hubner)

THE SOCIAL NETWORK
CANC(ellando) le distanze INS(ieme) nell’ ALT (alenante) GR (aduale) dei nostri pensieri.
(Venere Manuela Di Gladyo)

Il Post(o) delle Fragole – a ciascuno il suo

IL POSTO DELLE FRAGOLE: A CIASCUNO IL SUO!

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Eccomi sotto questo palco in cerca del mio volto ed in mezzo ai tanti che indosso.
Quante anime in me, quanti vestiti ho portato e troppe volte ho scordato me stesso per essere L’Attore.
Ora non ricordo più il mio volto. L’unica cosa è il palco, l’unica cosa è non sbagliare la commedia.
Siamo in due che si legge nell’ unica sillaba: IO
(Paolo Amato)

IL POSTO DELLE FRAGOLE – Haiku
Il rosso frutto
gioia di ogni palato
è la fragola.
(Patrizia Benetti)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Ci si distrae un istante, così poco basta, e la vita se ne vada un’altra parte. Soltanto gli occhi, stanchi, non si arrendono, ancora non smettono di cercare tra le immagini sbiadite il ricordo del posto delle fragole.
(Allison Bersani)

IL POST DELLE FRAGOLE
Amico mio, tu credi che le fragole siano una frutta rossa, buona, dal sapore di primavera da mangiare, insomma. Senti cosa ne ha fatto invece il cinema. Ha cominciato Bergman con il suo posto delle fragole: in Svezia davvero la fragola simboleggia la primavera, di qui il passaggio all’infanzia e adolescenza primavera di vita viene da sé. E quando Isak ricorda il suo amore adolescente, Sara, che raccoglie fragole, allora di più, diventa un’intermittenza del cuore, come la madeleine di Proust. anche per John Lennon le fragole simboleggiano l’infanzia e i suoi ricordi. quando andava alla scuola primaria, in una periferia di Liverpool, giocava nel vicino campo di fragole dell’esercito della salvezza. E allora… strawberry fields forever! Nella Cuba bacchettona verso i gay, soprattutto se intellettuali, al tavolo di un caffè a l’avana, Diego aggancia un ragazzo ordinando un gelato ‘fragola e cioccolato’. peccato che il ragazzo non lo sappia decodificare, viene dalla campagna. Neanche Vivian, che è arrivata a Hollywood dalla Georgia, sa che le fragole esaltano il gusto dello champagne, fino a quando glielo spiega il miliardario del superattico del Wiltshire Beverly Hotel in “Pretty Woman”.
Pensi che, quando torerò, potremo prendere una coppa di fragole senza attribuirle alcun significato? Un saluto dal festival di Cannes,
Erica
(Elisa Borgonovo)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Dissertando di dessert, lo chef sentenziò: “Sapore, colore e profumo inarrivabili: c’è ben poco oltre la fragola”. Io, parolaio dilettante, la intesi a modo mio. E pensai: oltre c’è “Afragòla”, città campana e pure felix. Ma sotto “fragola” frutto di campagna ecco “Ragola”, monte di Liguria tra Nure e Ceno; e ancora “Agola”, valle del Brenta ricca di dolomia; più breve è “gola”, tunnel rosa di voci e nicotine, che senza “g” diventa “ola”, l’ondivagar da stadio; e dopo “la”, femminile e musicale, chiude “a” star dell’alfabeto ma ultima stavolta.
Oltre la fragola, caro Chef, c’è proprio poco.
(Mario Bortot)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
A festa conclusa, brilla come poche volte le era successo, entrò barcollando nella cucina: erano le 4 e aveva una gran sete. Nella sua mente appannata lampeggiavano delle fragole rosse e mature che sapeva essere in frigo. Ma al primo passo scivolò rovesciando una pirofila di cavolini di bruxelles ripassati al burro e trascinandosi nella caduta anche un cestino di uova – 36 – …si ritrovò coperta di cavoli e a guazzo nelle uova, tutte, rigorosamente spiaccicate. Restò immobile e stranita, poi, coraggiosamente cercò di alzarsi. Errore. Slittò pesantemente e battendo la bella faccina sul pavimento si ruppe un dente. Cominciò a frignare. Intanto, non si capisce come, un sacco di farina, dal mobile in alto, le si rovesciò addosso, ricoprendola completamente. Ora era pura disperazione. Si avviò, strisciando come un marine verso, la porta, voleva solo uscire altro che fragole! Si aggrappò alla maniglia aprendola: precipitò in un vuoto senza fine, e non un grido usci dalla sua gola, aveva capito il suo destino.
(Paola Braccini)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
E’ rosso ricordo.
E’ vita sfuggita e vissuta.
E’ sogno riposto ancora.
E’ acqua che disseta nel deserto.
E’ casa come involucro che accoglie.
Non esiste un solo posto delle fragole.
(Deborah Campolo)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Non è difficile trovarlo,
ma bisogna andare per la stada del mare
quella che accompagna la foresta di ciminiere
e poi andare verso il monte
c’è una strada in salita
ed un albero che pare un gallo
a destra sotto il grande albero dei gelsi
c’è il campo delle fragole
il contadino bello, faccia di luna,
ti darà un cilindro di giunchi intrecciati
dove potrai mettere le fragole,
quelle che riuscirai a non mangiare.
E finirà che non potrai dimenticare
l’odore delle fragole
(Francesca Cannavò)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Vengo qui, ogni inizio di Primavera per sentire l’odore del “cibo delle fate” che mi riporta al primo bacio, nello stesso luogo sacralizzato dalle nostre labbra che sfiorandosi univano i nostri cuori, fondevano le nostre anime.
Con i profumi e il calore del primo sole ti stringo nel mio cuore con la forza della gioventù, assente da troppo tempo, ed è con la Natura che rinasce che abbracci questo povero vecchio che ti ama ancora e aspetta d’incontrarti in questo posto, il posto delle fragole.
(Ugo Cavaterra)

IL POST(o) DELLE FRAGOLE?
Non ti conosco, ma so che sei lì e non ti schiodi, ostinato e urlante.
Voglio credere di poter raggiungere in qualche modo il tuo mondo, e quindi,
con la fiaccola in mano stasera urlerò in silenzio,
in faccia al mondo, per svegliare chi autistico non è.
(Giusi Corrao)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Così hai raccolto parole e
Come fragole in cassette
Composto pensieri
Mangiando il frutto
Nel campo vedo
Foglie morte.
(Marina Lorena Costanza)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
E’ qui, tra le mie labbra,
con la panna che scivola sul mento
e la tua lingua morbida che la raccoglie.
(Segreto D’Animale)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
E’ un vecchio tavolo il mio posto delle fragole, un legno un po’ bacato che ha vissuto onori e gloria nel passato ed ora, è abbandonato in una stanza chiusa.
Serve solo a me, quando sfinita mi devo proteggere e mi infilo li sotto, come una bambina vecchia.
Le storie che mi racconta sono stupende, parlano di gambe nelle loro mille forme e sessi, di mani appoggiate e di pugni infervorati che lo hanno scosso nell’arco del tempo.
Il vecchio tavolo mi calma, mi parla, gli parlo, lo ascolto, mi sente.
E’ un oggetto saggio, asciuga le mie lacrime senza deridermi e profuma come mio nonno, di fragole.
(Brigitta De’Tempi)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
– Voglio le fragole!- stavo per correre verso mio padre, steso sull’erba, ma mia madre mi afferrò al volo – Voglio anche io le fragole che stanno sulla camicia di papà.-
Mamma continuava a allontanarsi sempre più da mio padre che restava fermo, lì, sul prato.
– Perché piangi? – Perché quel rumore di prima mi ha spaventata – Ma perché non viene con noi? – Ci sta facendo uno scherzo. Tra poco verrà.-
Mio padre non venne quella sera né mai più.
Ogni anno porto i fiori nel posto delle fragole.
(Patrizia De Vincentis)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Era tanto che non lo facevo, affacciarmi al tuo cuore, avevo paura, una fottuta paura di non trovarmi più. Mi sono fatta coraggio e mentre mi parlavi mi sono aggrappata al mio amore e ho guardato dentro al tuo. Quante fotografie appese alle pareti: le dita intrecciate sopra la staccionata, le ginocchia incollate sotto il tavolo, le nostre figure che si allontanano di spalle mentre negli occhi arriva l’inverno, una panchina vuota, un libro aperto con le pagine bianche, un sogno interrotto e uno appena cominciato. Nemmeno una fragola.
(Odalisca delle Febbri)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
è così bello uscire al mondo, attraversare strade, incontrare gente e sorridere alle foglie che timide si scansano ai passi.
Non incontro mai te e il sorriso un po’ si spegne, ma sorridendo intorno so che arriva anche a te, il mio posto delle fragole.
L’aria respirata, il mare a nuotare, i visi dei miei figli, le tue braccia intorno al mio cuore ed i tuoi occhi chiusi dopo l’amore, fragole tra le labbra; e ancora il tuo nome ed il mio stretti insieme, spine conficcate tra i rovi dell’assenza.
(Maruzza Dardanoni)

IL POSTO DELLE FRAGOLE – IN 10 PAROLE
Viaggiare tra frammenti di memoria incastonati.
Ricordare.
Scegliere di vivere.
(Eleonora Desiderio)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Parli e nemmeno capisco quello che dici: ascolto la musica della tua voce e mi perdo nei tuoi occhi. Nell’azzurro delle iridi naufragano le angosce. È quello, il mio posto delle fragole. Non lo conosce nessuno, nemmeno tu. Lì siamo giovani, io e te, liberi e felici. Soltanto lì, questo amore silenzioso reclama prepotente i suoi diritti. E corro, felice come la bambina che non sono più, gridando nel vento fino a perdere il respiro. M’insegui, mi raggiungi, ci lasciamo cadere tra i cespugli, rossi come la nostra passione. Le tue labbra sono dolci e succose. Le mani, lievi, mi accarezzano l’anima.
(Anna Rita Foschini)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Scrivere un libro è costruire un tempio: pietre angolari, possenti, ben tagliate, con gli spigoli netti alla base; salendo si formano i muri dove tutti i mattoni ben levigati si incastrano perfettamente; poi gli ornamenti deliziosamente scolpiti a riprodurre la natura o lodi all’ingegno umano, e gli scalini che invitino il lettore ad entrare per ammirare gli stucchi alle pareti. Infine un’ultima accortezza: non mettere mai il tetto, il lettore deve vedere il cielo con le sue stelle.
(Lucio Freni)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
L’irrequietezza della notte non vuole lenzuola dove adagiarsi, vorrebbe lenzuola da avvolgersi, da stringere nei palmi mentre un gemito prende il volo fuori di noi.
La notte scuote il buio generando giorno sul soffitto, rimane disegnato negli occhi, il giorno, non si vorrebbe mai spegnere la luce.
Basterebbero delle dita ad accarezzare i pensieri fra i capelli e delle labbra a spegnere le parole silenziose sulla bocca.
Labbra rosse come fragole, come una notte d’amare
(Cristina Gangale)

IL POSTO DELLE FRAGOLE – SOGGETTI
(CL) Casa. Arriva una macchina che le si ferma davanti. Scende il/la protagonista. Si avvia alla porta, traffica con le chiavi, entra in casa. Si aprono le persiane di una finestra.
(MCL) Il/la protagonista si affaccia, guarda l’esterno, chiude gli infissi, si volta.
(CM) Interno stanza. Il/la protagonista si siede al computer e inizia a scrivere.
(PPP) Nuca del protagonista e schermo del computer sul quale appare quel che sta scrivendo: Soggetti per il Post(o) delle fragole.
Tutto in un unico piano sequenza.
(Graziano Gattone)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
In un vecchio baule arrugginito ho trovato un foglio ormai sgualcito. Una lettera d’amore profumata, d’inchiostro violetto colorata. L’ho accostata alle labbra con amore ed è allora che di fragole ho sentito un sapore ancora nel mio cuore. Esiste ancora quel posto in cui scoprimmo che il vino prima è mosto?
(Sandra Giordano)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Amore,
Ricordi quel viadotto prima della lunga galleria, dove la strada s’inerpica sovrastando la macchia? Mi sono fermato lì e ho guardato giù, dove i grandi massi della fiumara sembrano sassolini da spiaggia e le fragole nascono ancora spontanee. Sono state quelle chiazze rosse a portarmi un cattivo pensiero: “Ci si arriverebbe in un istante”. Avresti potuto, finalmente, dire delle mia depressione, diagnosticata solo da te…nel lasciarmi. Allora ho riso di cuore! Nessun pensiero! Solo voglia di fragole! Le cose spontanee hanno, come l’amore, un altro sapore!
(Carmelo Giuffrida)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
La trincea è tutta un fango melmoso che impasta il respiro. Oggi è il secondo giorno di colpi di mortaio senza pausa, senza sonno, senza il tempo per seppellire i morti. Dentro questo buco mi sembra di impazzire, strizzo gli occhi per non dormire, bevo ciofeca e grappa e poi sparo. E ancora sparo. Quando mi danno il cambio vado nella nicchia in fondo alla trincea , mi accovaccio e prego , o mi addormento per qualche minuto. Ieri ho sognato che nella trincea cresceva un grosso cespuglio verde così colmo di fragole che il verde quasi non si vedeva più. Una macchia rossa abbagliante e io ci nuotavo dentro. E c’era il silenzio.
(Mariella Giunta)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
ovvero i rossi sogni nel cassetto: dolci come zucchero, montati ad arte come panna, particolari e sofisticati come l’aceto balsamico, a portata di mano a soli 2,50 il kg.
(Alex Hubner)

IL POSTO DELLE FRAGOLE VERDI
Era il luogo segreto degli amanti.
Lì amicizie acerbe si trasformavano
in amori maturi come fragole rosse di vita.
(Michele Lopopolo)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Non donarmi il tuo sorriso per rendermi inerme.
Lasciami in questo luogo. Non voglio ritornare alla cruda realtà.
Abbandonami in questo lido puntinato d’emozioni.
Il rosso e il nero addolciscono i miei umori. Il verde e il bianco rendono folli le mie note.
Questo è il nostro bacio.
(Luca Maio)

NEL POSTO DELLE FRAGOLE
Non c’è inquietudine,
si respira
senza limiti,
senza stare attenti
all’aria troppo fresca.
Respiri, sogni. Aria.
(Maura Marini)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Ogni giorno ci lascio il tuo caffè corretto con la grappa.
Non farlo raffreddare papà.
(Milena Milani)

IL COSTO DELLE FRAGOLE
Riedizione del famoso film, a seguito degli aumenti.
(René Miri)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
A casa nostra non c’era. Per due motivi. In terra ai confini del mondo erano introvabili, e mia sorella era allergica. Le volevo bene, rinunciai all’idea delle fragole, sebbene giungessero a volte nei pacchi d’oltreoceano. Le sognai sempre. Rosse, profumatissime, succose. Le disegnavo insapori su foglie, le ritagliavo per giocare. Quando divenni madre, mia figlia nacque con una voglia sotto al cuore. Il posto delle fragole. Lei conosce la storia. Immagina fragole e sorride.
(Marina Paolucci)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Sulla mia coscia, quella voglia, da quando sono nata.
(Anita e Numa Perfumo)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Gahjdi mette le mani davanti agli occhi per nascondere le persone dietro le dita. Ha 10 anni e mani molto piccole. C’è un sacco di gente che gli cammina intorno, ma anche molta gente che gli siede accanto. A volte chiude gli occhi e cerca di isolare i suoni, ma è difficilissimo seguire le voci: c’è sempre un rumore che se le porta via.
Quando la nave si ferma lui fissa l’orizzonte che gli sembra lontanissimo, ma delle braccia, all’improvviso se lo portan via.
Ha dei vestiti nuovi e asciutti Gahjdi e delle scarpe ai piedi.
Mette le mani davanti agli occhi e l’uomo con la divisa, scompare dietro le dita.
(Marcello Perugia)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Ciascuno ha il suo.
E’ quel luogo dove non occorre essere innamorati per sentirsi tali.
E’ quel luogo in cui sogni e incubi si rincorrono sino a rimanere senza fiato, arrendendosi alla loro inevitabile osmosi.
E’ quel luogo in cui i silenzi non sono mai assordanti.
E’ quel luogo che non condivideremo mai con nessuno.
E’ quel luogo da cui è impossibile scappare.
E’ quel luogo che… è dentro ciascuno di noi.
(Olga Pervenuti)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Ogni volta che apro quella vaschetta gelida di frigo mi assale il magone: quei frutti così grandi e rossi, ideali per decorare torte o dare colore alla panna in cui affogheranno, eppure così tristi dentro. Lo capisco al primo morso, quando si svela il chiarore di una polpa troppo giovane rispetto all’apparenza esterna, fredda e insapore anche per l’anima mia. Ripenso allora a quelle fragole così dolci e calde per il sole di maggio nel campo di mio nonno. Il tepore di quel ricordo non può cambiare il frutto che mangio svogliato e lo stomaco langue. La memoria, almeno, si lecca le labbra appagata.
(Matteo Pisaneschi)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
E’ in un ricordo di bambina, una grande conca sulla terrazza, dove raccoglievamo piccoli frutti succosi, io e te, babbone mio.
Con le tue mani da gigante le curavi con la stessa dolcezza con cui carezzavi la mia guancia quando alla fine della giornata mi mettevo dentro il tuo abbraccio ad ascoltare le storie di tempi lontani. Era la nostra conca: fragole, zucche, pomodori, non aveva importanza di quali frutti si trattasse sono maturati con i nostri abbracci, nei tuoi occhi che continuano ad abbracciarmi ogni giorno.
(Cristina Scardigli)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Scelsi il posto delle fragole a ovest della mia palazzina, e fu vincente, perché ottenni un copioso raccolto sin dal primo anno. Unico neo: i ladri. Fossero gli storni, i passerotti, i topi, le talpe non mi era lecito scoprirlo. Ma un mattino, rientrando alle prime luci dell’alba, scorsi il goloso con le mani del sacco: si trattava di una tartaruga, che non vedevo più da dieci anni, che non aveva resistito a tale bontà a costo di farsi scoprire, con le labbra ancora arrossate dal dolce nettare.
(Mauro Sighicelli)

IL POSTO (GIUSTO) DELLE FRAGOLE
Tra la panna e la chantilly.
(Francesco Tàmmaro)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Amavo le fragole e zio lo sapeva. Da piccola, quando i miei erano lontani per lavoro, passavamo molto tempo insieme.
In seguito però lui cambiò. Iniziò a condurmi in una baracca abbandonata e a farmi cose disgustose. Alla fine mi regalava un cestino di quei frutti rossi per ringraziarmi.
Un giorno portai con me un coltello e quando lo zio mi fu sopra glielo infilai nella pancia. Nessuno trovò mai il suo corpo e io, per la prima volta, assaporai davvero il gusto di quelle fragole.
(Sonia Tortora)

IL POSTO DELLE FRAGOLE
Me ne stavo lì, tutta intera, Corpo ed Anima danzanti a sfiorare labbra umide e morbide, in una Notte d’Autunno.
(Wilhelmina Vagante)

LO POSTO DE LE FRAGOLE
Lo mio nome è Matilda e sono de lo villaggio la donna più bella.
Non traggo vanto da la mia beltade che causa è de la mia mala sorte.
Andavo nel bosco a cercar fragole novelle quando fui violata da lo Cavaliere Nero che mi voleva in sposa – Ora non potrai più porre rifiuto a le nozze – disse.
Con una pietra lo colpii.
Fuggii ma lo cavaliere con li suoi fratri mi trovò presto.
Mi trascinò a lo villaggio gridando che ero strega.
Ora sono qui tra lo foco e maledico tutti voi che per viltade mi chiamate strega e che le fragole siano tossico per voi tutti.
(Maluna Viola)

Note bio-bibliografiche degli autori premiati

MICROLETTERATURA E SOCIAL NETWORK 2014 – “POST” OFFICE 
NOTE BIO-BLIOGRAFICHE DEGLI AUTORI PREMIATI

PREMIO SPECIALE “POST” OFFICE

Samuele Fabbrizzi
È nato a Pontedera (PI) il 12 Marzo del 1986. Fin da piccolo dimostra uno spiccato interesse per la scrittura, il disegno e il cinema. Diplomatosi al liceo linguistico, cova come desiderio ossessivo diventare scrittore. Pubblica “Il cacciatore di angeli” (2009) e “Il ragazzo di porcellana” (2011); inoltre vince alcuni concorsi di letteratura thriller/horror, fra cui INTERIORA Horror Festival 2012 e Masters of Horror 2012 indetto dalla Universal Pictures. Cinefilo incallito, cerca di trascinare nelle opere letterarie l’impatto visivo tipico del grande schermo, per poi mischiarlo all’introversione e alla profondità delle parole su carta. E’ un perfezionista, un amante del thriller/horror e un appassionato di criminologia, in quanto affascinato dalle menti contorte degli assassini seriali.
Nel 2013 la Dunwich Edizioni seleziona il suo racconto “Mater Patrona” come uno dei 12 vincitori del concorso tributario a H.P Lovecraft. Pubblicazione del racconto “Shakespeare” nell’antologia “666 Passi nel delirio”. Primo posto al concorso “Premio Scheletri 2014″ col racconto/tributo a Van Gogh “Campo di grano con volo di corvi”. Nel 2014 è prevista l’uscita del suo terzo romanzo: Il collezionista di memorie.

Graziano Gattone
Nato a Voghera nel 1953. Maturità Scientifica, ex commerciante, ex agente di commercio, ex varie e disparate attività (socio ex discoteca, trasportatore cialde caffè, ect) ex segretario cittadino della ex FGSI, attualmente proprietario di un orto e 4 galline.
Acquario con ascendente acquario e absolute beginners sempre e in tutto. Ormai talmente oltre la terza età da essere tornato alla zero trascorro il tempo discutendo con due gatte che hanno sempre ragione.
Appassionato di cinema, musica, arte in genere ed enogastronomia. Gran lettore di tutto e scrittore solo per sé di cose mai terminate.
Spirito libero.
Riconoscimenti in ambito “letterario”: racconto pubblicato sul mensile Max, primo classificato Premio Antonio Fogazzaro 2012 Sezione Facebook “Bye-Bye Baby” Categoria “Qualità” e secondo classificato per lo stesso Fogazzaro nel 2013, sezione Racconti Inediti.

Matteo Pisaneschi
Nasce nel 1980 fra i colli toscani, dove risiede tutt’ora fra vino forte, olio buono, affettati saporiti, brigidini e campagna e arte (chiamalo scemo, eh).
Affetto da schizofrenia si divide fra l’insegnamento di materie tecniche, progettazione impiantistica e scrittura. Numeri e parole, per cercare di tenere in equilibrio la bilancia della sua vita.
“Ho scoperto che la via dello scrittore è la morte”, dice citando l’Hagakure. Come un ronin, samurai senza padrone, ha intrapreso solitario il cammino della spada narrativa con una sconfitta onorevole già nel cuore. Le sue gesta sono narrate in diverse antologie, fra le quali le “365 racconti di…” (Delos), le raccolte di “Scheletri”, “Halloween all’italiana”(CiEsse) e non ultima “Ore Nere – Otto racconti del terrore” (DBooks).
Affila costantemente il taglio della sua katana narrativa che non colpisce mai alla stessa maniera. Sperimenta. Azzarda. Fallisce e vince. Eppure prosegue, mutevole, in cerca di un finale degno di questo nome.
Fuma troppo, legge molto, beve un po’ e scrive abbastanza, ma mai quanto e come vorrebbe.

CATEGORIA QUALITÀ

Lodovico Ferrari (voto: 33/40)
– E così credi di essere diventato uno scrittore?
– No, uno scrittore no, però ho vinto cinque gare di braviautori.it, mi hanno pubblicato racconti Delos Books, Braviautori, Alcheringa edizioni, scheletri.com, il premio Fogazzaro e poi…
– Eccolo qui, il nostro Dan Brown dei poveri!
– A parte che Dan Brown non mi piace troppo, non intendevo vantarmi, ma sono soddisfazioni.
– Certo, certo. A quarantanove anni, con tre figli, una moglie e un lavoro da informatico ti metti a scrivere raccontini.
– Beh, ma lo faccio quando mi avanza tempo, non ci vuole mica molto.
– L’ unica cosa sensata che hai fatto è il nome del blog: “macchescrittore.blogspot.com”, ecco, proprio macché scrittore…
– Adesso non offendere, è un hobby innocuo, poco costoso.
– A parte tutte le raccolte con i tuoi racconti che ogni tanto compri.
– Vabbè, dai, adesso piantala.
Guardo l’orologio. Le quattro e venti. E’ ora di andare a prendere il bambino a scuola. Questi battibecchi tra il mio io razionale e quello artistico non li sopporto più.

Samuele Fabbrizzi (voto: 32/40)
È nato a Pontedera (PI) il 12 Marzo del 1986. Fin da piccolo dimostra uno spiccato interesse per la scrittura, il disegno e il cinema. Diplomatosi al liceo linguistico, cova come desiderio ossessivo diventare scrittore. Pubblica “Il cacciatore di angeli” (2009) e “Il ragazzo di porcellana” (2011); inoltre vince alcuni concorsi di letteratura thriller/horror, fra cui INTERIORA Horror Festival 2012 e Masters of Horror 2012 indetto dalla Universal Pictures. Cinefilo incallito, cerca di trascinare nelle opere letterarie l’impatto visivo tipico del grande schermo, per poi mischiarlo all’introversione e alla profondità delle parole su carta. E’ un perfezionista, un amante del thriller/horror e un appassionato di criminologia, in quanto affascinato dalle menti contorte degli assassini seriali.
Nel 2013 la Dunwich Edizioni seleziona il suo racconto “Mater Patrona” come uno dei 12 vincitori del concorso tributario a H.P Lovecraft. Pubblicazione del racconto “Shakespeare” nell’antologia “666 Passi nel delirio”. Primo posto al concorso “Premio Scheletri 2014″ col racconto/tributo a Van Gogh “Campo di grano con volo di corvi”. Nel 2014 è prevista l’uscita del suo terzo romanzo: Il collezionista di memorie.

Vincenzo Attolico (voto: 31/40)
Nasce a Napoli il 23 Dicembre, a pochi giorni dal Natale. Carmen, Francesca, Mamma Vincenza e Papà Raffaele formano la sua famiglia, disastrata ma amorevole. Ama i mesi freddi, i regali, le sorprese, la tecnologia, i fumetti e i maglioni pesanti. Consegue la maturità artistica e nel 2007 si arruola nella Marina Militare Italiana, vanto per i genitori. Nelle sue vene scorre mare e inchiostro. I suoi racconti hanno sempre un fondo di verità. Scrive e dipinge. Viviana, Enrico, Valentina, Antonio e Kicco sono i suoi migliori amici, tutti sparsi per l’Italia. Ha un sogno nel cassetto: pubblicare il suo romanzo. L’incontro con Marina Paolucci, scrittrice milanese, è fondamentale in quanto lo instrada in vari concorsi tra cui anche il Premio Antonio Fogazzaro. Nel 2013 iniziano ad arrivare i primi riconoscimenti. Due pubblicazioni, Alcheringa Edizioni con “L’Amore è un’erba spontanea” e Delos Books con “365 Racconti d’Estate”, antologie racconti vari. Scrive, inoltre, per la beneficenza con il gruppo “Gente che scrive per”. Nel 2014 è fra i finalisti del Premio Antonio Fogazzaro.
CATEGORIA HUMOR

Maurizio D. Capuano (voto: 36/40)
Sono un autore e attore teatrale, e un giorno avrò anche un lavoro vero, tranquilli. Ho frequentato L’Università Popolare dello Spettacolo di Napoli, un bel po’ di corsi di scrittura, recitazione, cucina e bricolage. Gli ultimi due, li ho inseriti solo per migliorare il curriculum. So che non vi frega, ma ho bisogno di rendermi simpatico a me stesso. Anche violentando l’italiano. Scrivo battute più o meno comiche, di certo migliori dei comici di Zelig, Colorado Caffè, Made in Sud e Lia Celi: lo so, è che mi piace vincere facile. Scrivo anche commedie, sceneggiature e tanto per abbassarne ancora di più la qualità, mi ritaglio spesso il ruolo da protagonista. Che però va sempre in bianco. Forse devo smetterla di scrivere storie autobiografiche.
PS: ho scritto anche un libro umoristico, ma visto che nessuno mi conosce, deduco che non l’avete letto. Pazienza.
è il secondo anno che classifico primo nella categoria Humor al Premio Antonio Fogazzaro; se mi sento diverso? No, a parte le stigmate…

Anna Rita Foschini (voto: 32/40)
Non sono impiegata alle Poste e la notte, seduta sul letto, non bevo birra perché sono astemia. L’ultimo uomo al quale ho dedicato poesie è scoppiato a ridere, ma ha gradito il panino al prosciutto e, tutto sommato, è stata una nottata niente male.
Passo le giornate vivendo faticosamente e la notte scrivo. Eh, sì, alla mia età mi sono messa in testa di fare la scrittrice: collaborando ad alcune pubblicazioni dei gruppi Facebook Gente che scrive per… e Libri Stellari; sono presente con alcuni racconti in: “Ieri, oggi e domani” del Premio Antonio Fogazzaro, “365 storie di Natale” e “365 storie per l’estate”, “77, le gambe delle donne” e “Il sole è nudo”, “Le vene vorticose”, “Natale e dintorni”, “L’amore è un’erba spontanea”, “Racconti da paura”, “Schegge per un Natale horror”, “Qui, dove camminano gli angeli”, “Sono bella, ma non è colpa mia” e, con lo pseudonimo Ritanne du Lac, ho pubblicato una raccolta di racconti noir dal titolo: “Nero profondo”.
Non sghignazzate, per favore: non c’è proprio niente da ridere!
P.S. Che palle le biografie… nemmeno fossi Bukowski!

Marcello Perugia (voto 27/40)
Nasce nel maggio del 1967, in un piccolo paese campano. Terzo di quattro figli, a 16 anni – e a cinque dalla morte del padre – si trasferisce, assieme alla madre e a due sorelle a Trieste. Da quel momento comincia a scrivere lettere e si innamora del jazz.
A 19 anni decide di tornare a Napoli: trova una casa in affitto e un lavoro. Dopo due anni, stanco di una vita piacevolmente tumultuosa, ma precaria, torna a Trieste. Risponde a un annuncio di lavoro e, mentendo sulle proprie capacità contabili, riesce a essere assunto come “ragioniere”. Lavoro che conserva tuttora. Nel 1996 si sposa e ha un figlio: è diventato adulto!
Nel 2009 subisce un delicato intervento al cuore che lo costringe a casa per circa due mesi. In quella occasione si iscrive a Facebook e ritrova la vecchia passione per la scrittura. Nel 2012, partecipa al concorso sulla pagina del Premio Antonio Fogazzaro, “Microletteratura e Social Network”, classificandosi 1° per la categoria Humor, 4° per la Qualità e 5° nella sezione “Mi piace”. Nel 2013, ci riprova e conferma la sua vena ironica, classificandosi 2° sempre nella categoria Humor.

CATEGORIA “MI PIACE”

Claudio Sara (48 Mi piace)
Sono nato ad Avellino nel 1963; sono avvocato oggi. Durante questo lungo tragitto, ho conseguito il diploma di maturità al liceo classico (un “classico”, di nome e di fatto, per la mia famiglia) e preso la laurea in Giurisprudenza, il che mi ha consentito di attuare l’idea di seguire le orme paterne e di espletare la stressante professione forense. Amo molto lo sport: ho praticato l’handball in gioventù, gioco a tennis tuttora, ma quotidianamente mi cimento nella disciplina, “olimpica” per la calma che richiede, della lotta libera con i miei tre, adorati figli. A tempo perso (ma, spero, non sprecato) coltivo l’hobby-passione della scrittura. La mia professione mi agevola la narrazione di storie “processuali”. Col tempo, ho sviluppato una vena ironica, disincantata e pessimista forse perché tifoso dell’Inter. Sono due i libri al mio…”attivo”: uno già edito, l’altro ormai prossimo alla pubblicazione.

Marina Lorena Costanza (33 Mi piace)
Da bambina mio padre mi chiamava Marina. Da adulta sono Lorena per tutti .Costanza il mio cognome .Sono nata a Montemiletto, piccolo paese Irpino ,il 20 maggio1963 .Ho completato gli studi classici e ho mancato la laurea in Biologia per tre soli esami(… lo so, lo so!). Mi piace la riflessione e amo leggere . Da sempre “scribacchio” i miei pensieri. Non ho mai pubblicato né rivelato la mia passione. Il Premio Fogazzaro su Facebook mi ha trascinata nella folla telematica e, per il secondo anno consecutivo, mi sono aggiudicata “l’argento” nella categoria Mi Piace. Vivo a Napoli e non potrei fare a meno degli amici.

Lucia Amorosi (29 Mi piace)
Sono nata a Roma nel 1964, dove ancora vivo. Sono moglie, madre, “impiegata” e appassionata di tutto ciò che è letteratura, storia ed arte in generale. Ho ripreso la “penna”, accantonata dai tempi della scuola, grazie a facebook, dove ho scoperto che oltre a leggere si può anche provare a scrivere. Ho osato ed eccomi qui. Adesso sarà difficile fermarmi. Forse è vero che la vita ricomincia a 50 anni.

CATEGORIA QUANTUM

Patrizia Benetti (155 contributi validi)
Ferrarese, ama scrivere “nero”. Ha esordito nel giugno 2012 col libro Racconti Neri Este edition. I suoi racconti sono presenti in varie antologie noir e horror.
Si classifica prima, nella categoria “quantitativamente” più importante del concorso “Microletteratura e Social Network”, per il secondo anno consecutivo.

CAPITOLO V

CAPITOLO V

SCRIVO POESIE SOLO PER PORTARMI A LETTO LE RAGAZZE
Non vi è nulla di dilettevole, in quel di Recanati, per un giovine di nobile lignaggio ma di modeste sostanze, afflitto da un morbo oscuro che mina un corpo già deforme.
Mentre l’Europa freme di nuove idee, io sono relegato in questo borgo, con una siepe che limita la mia visuale. Non mi resta che lo studio, e ho studiato come un “matto disperatissimo”, tanto da saperne più dei miei precettori.
Dicono che sono il poeta del “pessimismo cosmico”. Ahimè, se c’è qualcosa di cosmico, nella mia vita, è la noia, che è il flagello peggiore dell’umanità. È seconda soltanto alla malasorte che mi accompagna fin dall’età più tenera, appollaiata come un avvoltoio sul mio dorso gibboso.
Tra le cose erudite che scrivo, delle quali ben poco cale a chicchessia, alcune liriche, composte più per sfizio che per estro, sembrano essere assai gradite a certe gentili donzelle che mi gratificano della loro attenzione.
La poesia è l’unico modo che la sorte mi ha concesso di strappare sospiri alle dame, non potendo ottenere il medesimo scopo nel giacermi con esse.
Anna Rita Foschini

L’UBRIACONE
Era il primo bicchiere. Poi ne sarebbero arrivati altri.
Come ogni sera, del resto.
Dimenticare, dimenticare sempre.
Nel nome della bottiglia, amen.
Frank.
La promessa della letteratura retrocessa a barbone cencioso.
Già, perché spesso i sogni ammazzano il fegato più dell’alcool.
“Versamene un altro” ordinò.
Il barista lo guardò storto, allarmato dalla puzza di fallimento che gli fuoriusciva dalle vesti logore.
“Ce li hai i soldi?”
“Ehi, non parlarmi così. Sono uno scrittore” ribatté, risentito. “Vuoi un autografo?”
L’uomo scosse il capo e gli diede le spalle.
Proprio come il resto del mondo.
Perché la gente aveva smesso d’aver fame?
Poi Frank sentì dei passi dietro di sé, una forza bruta scaraventarlo giù dallo sgabello e trascinarlo fuori dal locale.
Al freddo.
Con un solo bicchiere nelle vene e una vita storta da digerire.
Ferito, si fissò le mani annerite, le scarpe rotte, i jeans strappati.
Un ubriacone, ecco che cos’era diventato.
Niente libri, niente donne, niente soldi.
Si frugò nel giubbotto e tirò fuori la fiaschetta di riserva.
Scotch liscio.
Dozzinale, come i libri d’oggi.
Per dimenticare.
Dimenticare sempre.
Samuele Fabbrizzi

ERAVAMO GIOVANI
Due cuori, un monolocale e un tavolino dell’Ikea.
Patrizia Benetti

CONFESSIONI DI UN CODARDO
Inspirò a pieni polmoni, gonfiandosi d’aria. Ne avrebbe avuto bisogno. Un po’ per pompare vita in parole ancora mute, un po’ per farsi leggero, come una ciambella di salvataggio, e galleggiare in quel mare di merda.
Trattenne il fiato, quasi fino a soffocare, che l’asfissia gli pareva preferibile alla confessione.
Poi il fisico ebbe la meglio sull’anima. Espirò. E le parole si fecero valanga.
Parlò dei propri limiti come uomo, come compagno e padre. Della paura per una vita diversa e incerta, per lui, che ancora doveva trovare il bandolo di quella attuale.
Ogni tanto abbassava lo sguardo, incapace di sostenere il confronto visivo. Le mani al volto, a nascondere la propria vergogna.
Abbandonarla, lei che era il suo oggi.
E il domani che le cresceva in grembo.
Confessò ogni manchevolezza, come se ammetterla giustificasse la sua vigliaccheria.
Nessuna obiezione. Solo l’accusa del silenzio.
E allora capì.
Capì che non avrebbe mai potuto parlarle così.
Si guardò un’ultima volta allo specchio, unico testimone della confessione di un codardo, spense la luce e uscì.
Fuggì nella notte mentre lei dormiva.
Matteo Pisaneschi

DONNE
Ci sarebbe tanto da dire su un argomento che ritengo molto interes… zzzzzzzz.
Maurizio D. Capuano

NOTTE IMBECILLE
È una torrida notte d’agosto, sono seduto al tavolino di un bar da quando il cielo ha cominciato a rosseggiare; davanti a me un bicchiere di birra, l’ennesimo, dentro me una malinconia cui non faccio più caso. I pochi lampioni accesi illuminano la desolazione di una piazza deserta, il silenzio è disturbato dalle note di una canzone, sempre la stessa, provenienti da qualche appartamento.
Improvvisamente compare una donna. Il suo abbigliamento è elegante, il suo incedere è aggraziato, accattivante, quasi sensuale. Senza fermarsi alza leggermente lo sguardo e rivolge un sorriso nella mia direzione, o almeno così mi sembra. Vorrei raggiungerla, ma potrebbe essere chiunque: forse una prostituta ed io non ho denaro né desiderio da regalare, forse rappresenterebbe l’avventura di una notte ed io non voglio l’inevitabile amarezza del mattino, forse mi innamorerei ma sono troppo pigro per essere felice, forse cerca solamente di raggiungere chissà quale solitudine.
Mentre penso a tutto questo lei è già scomparsa; nelle orecchie mi resta il suono del suo ticchettare, nella pancia il gorgoglìo della mia stupidità.
Marcello Mora

SHAKESPEARE NON L’HA MAI FATTO
Fu grazie a Giorgio e perché eravamo una compagnia del cazzo che non arrivammo alle botte. Alle mani sì. Filippo le aveva già sul mio collo quando Giorgio lo bloccò. Gli altri mi erano attorno minacciosi e confusi. Mi assalivano con parole e spintoni ma, mollato su una sedia un ansimante Filippo, Giorgio prese definitivamente il controllo: “Questa è casa mia, calmatevi o tornate alle vostre” alzò la voce, mantenendola calma.
Per mezz’ora, invettive e mani si agitarono contro di me, frammischiate a sorrisi ironici e prese per il culo trasversali. Poi tutti se ne andarono.
” Tu resti qui! Mi dai una mano a sistemare e facciamo un discorso” disse Giorgio.
Meno male, arrivare alla macchina nell’oscurità non sarebbe stato semplice. Pensai che in fondo ero un grande, li avevo sputtanati con poche parole e ora, che non ero sotto le loro grinfie. Solo con Giorgio ero stato discreto: da sempre si faceva tutte le donne della compagnia ma l’avevo solo adombrato. E Giorgio mi aveva salvato il culo.
Un colpo di teatro, ma nella vita, neppure Shakespeare…
Graziano Gattone

CENA A SBAFO
Vincenzo era un uomo della cosca di Don Gaetano. Un capo quartiere.
Era fedele al suo boss. Come un cane.
Poi aveva voluto fare il gallo. Forse l’autonomia di cui godeva gli aveva dato alla testa. E proprio lì gli era spuntata una cresta insopportabile. Come quella che si era messo a fare sui proventi della droga.
Che stupido, Vincenzo.
Eppure lo sapeva: non si cena a sbafo alla tavola di Don Gaetano.
Si rischia l’indigestione. Che quattro confetti di piombo poi sono pesanti per lo stomaco.
Eccolo lì, ora: un porco in pasto a un altro. Non c’è miglior modo di far sparire un cadavere che farlo mangiare da un maiale.
Bella roba, però.
Vincenzo l’avevo ucciso io, eppure se lo pappava quella bestiaccia.
Cena a sbafo anche per lei.
Ma l’avrebbe passata liscia.
Per ora.
Prima o poi avrebbe pagato quel pasto a scrocco.
A suon di fette di prosciutto.
Chissà io su quale piatto finirò io, invece.
Che siamo tutti portate nella catena alimentare di questa vita criminale.
Matteo Pisaneschi

IL CRIMINE PAGA SEMPRE
Eccolo!
Il motore della Jaguar è silenzioso, riesco appena a percepire il fruscio degli pneumatici che imboccano la rampa del covo segreto.
Sospiro di sollievo: provo sempre un vago senso d’inquietudine quando mi separo da lui, anche se per breve tempo.
L’amo dal primo istante che ci siamo incontrati. Gli ho salvato la vita e ho dannato la mia. Non ho rimpianti né rimorsi, è così che doveva andare: dovevo votarmi al crimine per dividere con lui ogni istante. Non si può scegliere chi amare, si ama e basta.
Mi adagio mollemente fra le lenzuola di seta e aziono il comando che apre la volta del soffitto. Il cielo notturno di Clerville è un nero velluto intessuto di stelle.
Tra poco lui sarà qui e ingemmerà il mio corpo nudo coi diamanti che ha rubato per me. Ma non sarà quello il regalo più prezioso: è ai suoi baci che anelo, alle sue labbra morbide, alle sue mani, impazienti come il mio desiderio.
La passione che ci unisce è la mia ricompensa, e lo sarà per sempre. Fino all’ultimo respiro.
Anna Rita Foschini

IL PRIMO BICCHIERE, COME SEMPRE, E’ IL MIGLIORE
-Non ho punto fame stasera, Perpetua
-Mangiate, don Abbondio, mangiate. E bevete un bicchiere del vostro vino, servirà a cancellar i pensieri
Don Abbondio, prese il bicchiere, lo vuotò, come fosse una medicina. Perpetua, ritta dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi, e le gomita appuntate davanti, guardò il curato con tristezza.
Don Abbondio sentì un dolore lento salir dal ventre.
-Soffrirete un po’, ma per fortuna avete vuotato tutto d’un fiato il vino. Più è il veleno più in fretta funziona.
-Perpetua, m’avete avvelenato- disse il curato tra i crampi che lo prendevano allo stomaco – perché?
-Dinanzi a voi avete una donna, una donna innamorata, innamorata e disperata. Amo colui che non potrà mai essere mio, ma non voglio che sia d’altre.
-Che dite?
-Io amo Renzo, Renzo Tramaglino, Dio m’e testimone del mio amore. Ma domani si mariterà con Lucia. Non posso permetterlo.
Detto che l’ebbe vide il curato steso a terra che già il veleno aveva fatto il suo ufficio.
Perpetua si diresse alla camera dicendo a bassa voce “questo matrimonio non s’ha da fare”
Lodovico Ferrari

TACCUINO DI UN VECCHIO PORCO
Mia suocera ha trovato il mio taccuino. E’ lì che scrivo d’istinto, che immortalo le idee prima che sfuggano per finire nel dimenticatoio. Lì dentro c’è la mia arte, la mia lirica, la mia poesia e lei osa chiamarlo taccuino di un vecchio porco.
Non so cosa darei per non averla tra i piedi. Che ne sa quella vecchia rinsecchita della bellezza? Che ne sa dell’eros, della gioia che scatena un giovane corpo femminile morbido, sinuoso e affascinante. Parole morbose le mie? No. Poesia solo poesia.
Patrizia Benetti

SEDUTO SUL BORDO DEL LETTO MI FINISCO UNA BIRRA NEL BUIO
La notte divenne alba. Quasi impercettibilmente, il buio, lentamente si dissolse ed i contorni delle ombre smisero di essere profili indefiniti per diventare cose: comodini e specchi e sedie e cuscini sul pavimento.
Lui se ne stava lì, seduto, appollaiato come un grosso uccello, troppo grosso per poter volare via. Se ne stava lì, legato al metallo ormai caldo della sua lattina di birra, incapace di pensare, di scappare, di uscire da quelle scena senza vita.
L’alba poi divenne giorno. Le cose divennero sangue, vetri rotti, cuscini sul pavimento, corpi senza vita ed i rumori di vita divennero sirene e passi pesanti per le scale e respiri affannati e rumore di porte sfondate.
Lui se ne stava lì, legato al metallo ormai vuoto della sua lattina di birra, seduto, appollaiato come un grosso uccello che aspetta solo di essere rimesso in gabbia.
Marcello Perugia

LE RAGAZZE CHE SEGUIVAMO
Sono un romantico, forse sprovveduto, e m’innamoro a ogni accenno di carezza.
Per la prima ho lasciato la dimora materna.
“Con te voglio un rapporto aperto”, aveva detto.
E infatti l’ho sorpresa a letto, carponi e ammanettata, un porco in sella che grugniva, e lei pure, felicemente sottomessa.
Disilluso, la seconda mi ha insegnato a credere ancora.
Sincera come nessun’altra mai, anche nella menzogna. Tutti i suoi tradimenti mi confessava. Alla fine sono fuggito esasperato.
La terza poi mi ha detto “Non hai colpa. Sei nel giusto. Riparerò io a ogni tuo torto.” E io fesso, boccalone, in brodo di giuggiole per quel nuovo amore.
Tanto ha fatto, poi alla fine, che pure il culo si è venduta, quella vacca.
Bel filotto, non c’è male.
Ora invece inseguo una che non si fa pigliare mai davvero. È una matta, fa un po’ come gli pare. Si concede e si ritira, senza alcuna promessa o costrizione.
Con lei mi sento uno.
I loro nomi?
La prima Libertà, poi Verità, terza era Giustizia.
E ora, cari miei, che follie, con Signorina Anarchia.
Matteo Pisaneschi

CE L’HANNO TUTTI CON ME
Stamattina mi sono alzato, ho fatto colazione al bar e me ne sono andato senza pagare.
“Sono un povero sordomuto” ho detto al barista, mentre scappavo a gambe levate.
A giudicare dagli insulti, non penso m’abbia creduto.
Ho fatto un salto da mia madre, single e depressa. Sono rimasto qualche minuto a guardarla fissare il vuoto con l’aria di chi non ha niente per cui vivere.
“Papà ha una nuova fidanzata” l’ho informata. “Sabato partono per le Maldive. Tu no?”
E’ scoppiata in lacrime.
Verso l’ora di pranzo mi son fermato davanti alla vetrina di una palestra giù in centro. Un ciccione sudato stava schiantando sul tapis roulant mentre io gli divoravo un hamburger davanti agli occhi. Mi son pure leccato le dita. Lui invece se l’è rotte, le dita, cadendo dal tappeto.
Anche lui è scoppiato in lacrime.
Nel pomeriggio sono andato in chiesa e ho improvvisato un monologo intitolato: Dieci motivi per cui Batman è più figo di Gesù.
Non hanno apprezzato.
Anzi, sembrava quasi che ce l’avessero tutti con me.
Cristo, serve decisamente un po’ d’umorismo.
Samuele Fabbrizzi

L’AMORE È UN CANE CHE VIENE DALL’INFERNO
Ti amo.
Ti amo di un amore bruto e disperato.
Mentre sdraiata sul divano mi lascio cullare dall’ACCIDIA, provo INVIDIA per chi sta sempre al tuo fianco e cerco di sedare la mia IRA buttandomi sui peccati di GOLA.
Perché mi rifiuti?
Sarà SUPERBIA, ma sono convinta di essere io la donna dei tuoi sogni.
Il desiderio di te si fa ogni giorno più pressante, così mi butto sulla LUSSURIA solitaria, cercando di dimenticare l’AVARIZIA dei miei sentimenti.
Inizio un po’ a odiare me stessa, ma mi capita più spesso di odiare te.
Per colpa tua sono destinata all’eterna dannazione.
Sai cosa ti dico? Io andrò sicuramente all’Inferno, ma nel frattempo vacci tu!
Rosanna Fontana

UNA NOTTE NIENTE MALE
Mi godo il meritato riposo. La mia ragazza dorme. È distesa sul letto, abbiamo appena finito di farlo. Sei volte, stasera. Non le ho dato tregua. Ha cercato di resistermi, opporsi, è stato tutto inutile: l’ho distrutta. Così impara a sfidarmi a Risiko.
Maurizio D. Capuano

QUELLO CHE IMPORTA E’ GRATTARMI SOTTO LE ASCELLE
L’odore dell’incenso mi irrita le narici.
– È un aroma afrodisiaco. – ha detto lei.?Sarà… a me viene da starnutire.
La musica orientaleggiante, anziché intrigarmi, è piuttosto soporifera, e l’improvvisata danza del ventre è meno eccitante di un numero da circo. La fanciulla non è il clone di Shakira, anzi, si muove con la stessa grazia di un elefante. E gli assomiglia anche, nel fisico.
Chissà come ho fatto a lasciarmi trascinare a casa sua… dovevo essere più ubriaco del solito. Adesso la sbronza mi è passata del tutto e mi ritrovo in questa stanza dall’aria greve di miasmi, nudo nel letto di una “squinternata”.
Sì, perché la tipa non deve essere del tutto a posto: mi ha perfino legato i polsi, assicurandoli alla spalliera con due foulard di seta.
Non sembra pericolosa… si da un gran daffare, poveraccia, e mi sento un tantino in colpa per non riuscire ad apprezzare i suoi strenui, quanto vani, tentativi di seduzione.
Ma cosa posso farci? L’unica cosa che vorrei da lei, in questo momento, sarebbe una grattatina sotto le ascelle.
Anna Rita Foschini

IL SOLE BACIA I BELLI
” Neanche mi piaceva, quella donna! ”
Camminava nudo e scalzo nel deserto da sei giorni. Ustionato, disidratato, ormai si trascinava carponi senza più la speranza di sopravvivere.
Era bello, sette giorni fa. Poi il sole lo aveva consumato senza sosta, avido, fino all’ultimo respiro. Sei giorni infernali, lo avevano ustionato e istupidito. Delirava e non sentiva più il dolore provocato dalle piaghe sulla pelle. La fronte, la schiena, le braccia, tutto il corpo era solcato dalle ferite da bruciatura. Disidratato e affamato, non aveva più la forza di reggersi in piedi ormai da più di un giorno.
Quella donna non lo interessava. Non sapeva nemmeno il suo nome quando lei se lo era portato a letto.
” Fernanda! ”
Il nome lo aveva urlato il marito quando li aveva sorpresi. Poi il dolore di un colpo in testa, poi più nulla: si era ripreso dallo svenimento, nudo in mezzo al deserto. La vendetta del marito…
” Neanche mi piaceva, quella donna! ”
Furono le sue ultime parole. L’ultimo bacio glielo diede il sole.
Luigi Siviero

SVASTICA
La scritta, forgiata in metallo, mi sovrasta mentre la supero per l’ennesima volta. “Arbeit macht frei”. Fa freddo qui in Polonia in inverno, molto freddo. Odio questo lavoro. Tutti i giorni a mostrare alle scolaresche il campo di Auschwitz. Raccontare gli orrori, i morti, le torture, i forni e il gas. Vedere le baracche dove decine di persone ammassate si dividevano bucce di patate per pranzo. Parlare a bambini di ogni provenienza, persino ebrei, sapendo che forse i loro bisnonni erano passati di qui. E dire del fallimento del nazismo, della morte di colui che lo guidava.
Finalmente a casa. Accendo il camino per togliermi dal corpo il freddo e il fastidio. Lui mi fissa. La foto appesa sul muro è rassicurante. I suoi fini baffetti paiono in rilievo e la croce uncinata spicca sulla sua uniforme. Ah, mio Führer, se avessi vinto tu…
Lodovico Ferrari

A SUD DI NESSUN NORD
Allungo la mano, tasto il morbido che mi circonda.
Aprire gli occhi è uno spreco di energie.
Sono fortunata. Agguanto la bottiglia d’acqua.
Mi ristoro, offrendomi a quei raggi agognati per lunghi mesi. Il calore mi avvolge.
Il vocio che mi giunge da lontano non mi disturba.
Nulla può interporsi tra me e i miei pensieri.
Il dondolio mi coccola, carezza la mia mente.
Ricordi affluiscono, si sovrappongono.
Lottano tra loro. Vogliono imprigionarmi.
Inutilmente.
Sono in balia del tempo.
Del tempo che verrà.
Come il gommone in cui riposo, in balia del mare.
Senza alcuna direzione.
Maria Rosaria Spirito

PANINO AL PROSCIUTTO
“…è che ormai ci conosciamo a memoria” dice Amanda, fingendosi dispiaciuta.
Gli occhi taglienti come vetro passeggiano sul mio cuore imbruttito dalle cicatrici.
Fra noi solo una birra, la mia liquidazione.
Troppo poco per sopportare l’ennesima batosta.
Ah le mie bionde, l’una frizzante, l’altra velenosa.
“C’è rimasto così poco da scoprire” insiste, “dov’è finita la magia?”
“Beh io la bacchetta ce l’ho messa.”
“Non sei divertente.”
Bacio la bottiglia, l’unica bionda rimastami, quella che attacca il fegato anziché tutto il resto.
“Hai un altro?”
Lei annuisce.
Altro che coniglio dal cilindro…
Puff
Un bel paio di corna.
Il silenzio è schiacciante.
Siamo due sconosciuti, estranei per mano senza una ragione specifica. “Sei pallido, vuoi una spremuta?”
“Di arance o di cuore?”
Lei stringe le labbra. Se sia pena o senso di colpa non riesco a decifrarlo. E’ brava a nascondere le cose, tanto quanto a giocare con le bacchette.
Puff
Amanda continua a giustificarsi, qualsiasi cosa pur di sentirsi meno stronza.
Ma io ho smesso d’ascoltarla.
Niente più cenette calde d’ora in poi… inizia l’Era dei panini al prosciutto.
Samuele Fabbrizzi

BIRRA FAGIOLI, CRACKERS E SIGARETTE
Mi alzo, mi lavo. Vado in cucina, in casa c’è una calma insolita, sul tavolo una bottiglia semivuota di birra, un barattolo di fagioli, un pacchetto di crakers di quelli sminuzzati perché sono stati dimenticati in borsa, due sigarette. Poi vedo un foglio, sta solitario sullo sportello del frigorifero fermato da una calamita ricordo di Parigi. La tua calligrafia “Vado. Non torno questa volta!” Penso, in fondo mi vuole ancora bene perché dopo ha aggiunto “Fai la spesa!”
Patrizia Paesani

LE POESIE DELL’ULTIMA NOTTE DELLA TERRA
Un bagliore squarcia le tenebre
Una ventata bollente ci investe
Poi il nulla, solo ombre senza corpo.
Patrizia Paesani

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA
Prelevò venti euro, badando bene a non far vedere le poche banconote a chi era in coda.
Comprò l’uovo che piaceva a sua figlia, si era scritto la marca per non sbagliare.
Attese sulla porta come un postino, mentre l’odore familiare di casa lo tentava, istigandolo a varcare la soglia.
La bimba arrivò a salutarlo, già in pigiama.
Lui le sporse l’uovo di cioccolato, lei lo prese eccitata e gli diede un bacio profumato di dentini appena lavati. Lui non seppe che dire, le tirò delicatamente le treccine e restituì il bacio. Profumato di birra.
Sua figlia se ne andò correndo sulla punta dei piedini, abbracciando stretto l’involucro frusciante.
La porta si chiuse.
La solitudine lo aggredì appena tornò in strada.
Telefonò all’amante, per chiedere soccorso. Il suo numero era irraggiungibile. La notizia del licenziamento era inequivocabilmente già pervenuta.
Lo stomaco vuoto gli suggerì di sedersi all’angolo, sulla scalinata della chiesa.
La mente gli fece notare che i barboni accovacciati a elemosinare erano allegri e avevano un atteggiamento ottimista.
Lui lasciò decidere alla pancia.
Tirò dritto, fin dentro al fiume.
Cristina Cornelio

NIENTE CANZONI D’AMORE
Da quando ho deciso di mandare a fanculo tutto e tutti, la bottiglia e una chitarra sono rimaste le mie uniche compagne.
L’alcool, che sia vino, birra, rum o qualsiasi altra cosa riesca a procurarmi, scioglie la lingua e libera i pensieri.
Seduto nei crocevia del mondo, ovunque mi portino le scarpe sfondate, annego la coscienza nel liquido, bruno o ambrato che sia. Le dita accarezzano le corde, a strappare melodie improvvisate che accompagnano vaneggianti elucubrazioni.
Conosco a mala pena qualche accordo, e non so nemmeno quali parole o frasi mi escano dalle labbra, ma molti si fermano ad ascoltare e alcuni lasciano cadere una moneta.
Io non chiedo nulla, sono grato all’altrui benevolenza che consente d’abbeverare la mia ispirazione.
Certuni sprecano parole d’elogio; capita che fanciulle d’ogni età si asciughino una lacrima sospirando e mi chiedano un’altra canzone d’amore.
Le guardo stupefatto: canzoni d’amore? Io l’amore l’ho abiurato in un’altra vita, non sarei mai capace di cantarlo. Né lo vorrei.
Scuoto la testa, cerco conforto e calore in un’abbondante sorsata e ricomincio a suonare.
Anna Rita Foschini

TUTTO IL GIORNO ALLE CORSE DEI CAVALLI E TUTTA LA NOTTE ALLA MACCHINA DA SCRIVERE
Mi guarda.
So cosa pensa: “siamo fatti della stessa sostanza”. Prendo il coltello e comincio a raschiarla via dalla suola degli stivali. Inutile. Quella cacca di cavallo si era troppo seccata, ci riproverò domani, ora ho di meglio da fare. La notte avvolge la mia casa. La lampada sulla scrivania ne cancella un brandello. Il ticchettio dei tasti disturba il silenzio perfetto. Sono uno degli ultimi nostalgici della macchina da scrivere. Ma senza di lei la mia ispirazione d’autore resta castrata. Il concorso Fogazzaro, tra poco, riceverà l’ennesima mia fantastica opera.
La luce elettrica, ormai, non serve più, il gallo ha cantato da molto tempo. L’inizio del racconto è pronto. Lo rileggo con malcelato orgoglio: “Ciao, mi chiamo Sara e voglio raccontarvi di quella volta che ho mangiato il panino al prosciutto.”
L’incipit migliore che io abbia mai scritto.
Chi ben comincia…
Lodovico Ferrari

SANTO CIELO PERCHE’ PORTI LA CRAVATTA?
Potevi farne a meno. Hai la barba incolta, i capelli lunghi, un fare annoiato e le scarpe da tennis. Tu devi distinguerti. Sei un genio, e mi fai pure sorridere, anche se a volte non ti capisco. E oggi l’ennesima provocazione. Andrai a ritirare il premio di narrativa in gessato, cravatta nera e scarpe da tennis. D’altronde da te ci si aspetta sempre qualcosa di originale. Va bene, facciamo parlare ancora i benpensanti. Ma penso che questo sarà solo l’inizio.
Patrizia Benetti

URLA DAL BALCONE
Dieci minuti.
Osservo l’orologio a muro della cucina. Ancora dieci minuti precisi. Lo sguardo si perde fuori dalla finestra, nell’azzurro del cielo mattutino. Che meraviglia l’alba. Con la sua brezza fresca soffia via le angosce della notte. Per chi non ha dormito è il traguardo tanto atteso.
Cinque minuti.
Poco tempo, poco dolore. L’obiettivo è vicino. Stavolta sarò puntuale. Sono sempre arrivata tardi agli appuntamenti della vita. E li ho sempre mancati.
Due minuti.
Ci vuole precisione per fare le cose giuste. E io non le ho mai fatte. L’elenco dei miei fallimenti è lungo più di sei piani. Le lancette paiono ondularsi al mio sguardo bagnato dalle lacrime. Penso di regalarmi ancora qualche minuto in più ma a cosa servirebbe? Ormai la decisione è presa.
Un minuto.
Il sole basso sull’orizzonte s’intrufola nella cucina. Respiro l’aria profumata di settembre con avidità.
Pochi secondi.
Si va. Mentre lascio il balcone alle mie spalle e l’asfalto attende di ricevermi mi accorgo di essere in ritardo. Ci vuole tempo per volare per sei piani.
Anche al mio ultimo appuntamento arriverò tardi.
Lodovico Ferrari

PULP. UNA STORIA DEL XX SECOLO
Non si poteva muovere. L’uomo le si avvicinò. Capì che era proprio lei quella che sarebbe diventata la sua prossima vittima. Le dita di lui cominciarono a sfiorarle la pelle liscia e tesa. Poi i polpastrelli si chiusero in una stretta micidiale.
Una stilla di saliva apparve nel lato della bocca dell’uomo. Temeva che la sua fine sarebbe stata vicina. Lui la allontanò per pochi secondi quasi per permettere alla speranza di illuderla, poi con un gesto deciso la tirò a sé.
Gli incisivi taglienti stracciarono la sua delicata pelle. Un morso deciso e potente. Poi i denti la penetrarono a fondo fino a incontrare un ostacolo duro.
Dapprima lo vide chiaramente avere un brivido, poi il piacere lo invase. Lei avrebbe voluto gridare, ma non poteva. Gocce di liquido rossastro imperlavano le labbra dell’uomo. Una parte uscì dalla sua bocca e finì sulla sua maglia.
Una voce inaspettata, proveniente dalle spalle di lui, lo sorprese.
– Papà, è buona la prugna?
– Sì, solo un po’ acida.
– Ti sei macchiato la maglia, se ti vede la mamma…
Lodovico Ferrari

SOTTO UN SOLE DI SIGARETTE E CETRIOLI
Gli abitanti di Kepler-186-F, nella costellazione del Cigno, aspettavano questo giorno da quando gli osservatori intergalattici avevano scoperto un pianeta gemello, distante appena cinquecento anni luce.
Terre emerse, distese d’acqua e un’atmosfera respirabile.
Unico problema: il pianeta era infestato da innumerevoli specie animali primitive, tra le quali pochi miliardi di bipedi appena più evoluti, estremamente bellicosi.
È stato necessario bonificare la superficie terracquea con potenti armi chimiche e batteriologiche che hanno sterminato gli esseri viventi, senza danneggiare l’habitat naturale.
I primi pionieri sono partiti sulle navi interstellari, e in un lasso di tempo relativamente breve raggiungeranno il nuovo mondo per colonizzarlo.

John osserva il cielo sbuffando una voluta di fumo. Le sigarette non gli mancano, anzi, ne ha perfino troppe.
In pochi decenni sono morti tutti. Tutti gli abitanti della Terra. Inspiegabilmente quanto inesorabilmente. È sopravvissuto soltanto lui, e sapeva che prima o poi “loro” sarebbero arrivati.
Non ha paura, niente di quello che può succedere, ormai, lo spaventa.
Sorride fra sé osservando le scure sagome allungate che si stagliano contro il disco del sole. Che buffo: sembrano tanti cetrioli…
Anna Rita Foschini

MUSICA PER ORGANI CALDI
Allegro:
La Do, La Do, La Do, Si, La Do!
Ballabile:
Mi Si Fa, Mi Si fa, Mi Si Fa, Si, Si, Mi Si fa!
Maurizio D. Capuano

COMPAGNO DI SBRONZE
Per fortuna che ci sei tu a tenermi compagnia,
posso condividere solo con te le mie debolezze.
Questa vita mi ha regalato poche gioie e tante incertezze:
la paura di sbagliare e di rendermi ridicolo,
la paura di amare e di essere tradito,
la paura di un’amicizia e di trovarmi abbandonato.
Per fortuna che ci sei tu a tenermi compagnia,
tu che, sbronzo, mi sorridi da questo specchio.
Lucia Amorosi

TUTTI GLI ANNI BUTTATI VIA
“31.12.1990, ore 23:59: speriamo che quest’anno sia migliore dello scorso.
31.12.1991, ore 23:59: speriamo che quest’anno sia migliore dello scorso.
31.12.2010, ore 23:59: speriamo che quest’anno sia migliore dello scorso.
31.12.2013, ore 23:59: speriamo che quest’anno sia migliore dello scorso.
27.04.2014, ore 23:08: siamo ancora in Aprile, ma già mi preparo…
Giovanna Polini

NON C’È NIENTE DA RIDERE
– Cara, cos’ha detto il medico?
– Sto morendo.
– Aahahhahahahahahahahahaha!
– Non c’è niente da ridere, non è uno scherzo.
– Hai ragione, cara, scusa. È una cosa orribile.
– Vent’anni insieme, amore mio: cosa farai senza di me?
– Amore, adesso non mi va di parlare della mia amante.
Maurizio D. Capuano

QUANDO MI HAI LASCIATO, MI HAI LASCIATO TRE MUTANDE
E non erano manco le mie.
Maurizio D. Capuano

SPEGNI LA LUCE E ASPETTA
Spencer (il gatto) dorme nel buio che regna costante nella camera di Larry. Luce spenta e serrande abbassate, così come le ha lasciate l’uomo prima di sparire.
Aspettare.
Ormai il felino è diventato un esperto. Occhi socchiusi e orecchie dritte al primo rumore. Di tanto in tanto continua a sgattaiolare fuori dalla finestra del bagno in cerca del padrone. Vuol scoprire cosa diavolo gli sia successo. Perché lo abbia abbandonato, sostituito o smesso d’amarlo.
Già, perché?
Sotto al pelo, un cuore straziato dalla solitudine, corroso da una frustrazione che va aldilà della specie. Certo, ormai i condomini lo hanno adottato, ma non è la stessa cosa. Manca quell’empatia tipica delle anime gemelle. Le carezze di Larry, il modo in cui gli parlava e la gioia del dormirgli affianco non sono barattabili con una ciotola di crocchette.
Meglio aspettare.
Anche adesso sonnecchia Spencer. Il pelo è divenuto ispido e le costole affiorano dai fianchi. Non tocca più cibo, né acqua e neanche punta più la finestra.
Aspetta.
La morte o il padrone non ha più importanza.
Non dopo otto anni.
Samuele Fabbrizzi

I CAVALLI NON SCOMMETTONO SUGLI UOMINI (E NEANCHE IO)
– Balle!
– Come?!
– Una volta ho visto un cavallo che lo faceva.
– Faceva, cosa?
– Scommettere su un uomo.
– Stronzate.
– Ti dico che l’ho visto con questi occhi. È entrato alla SNAI trottando, ha chiesto una schedina e ha provato a giocarla, ma visto che non riusciva a usare la penna a causa degli zoccoli, s’è imbizzarrito e ha chiesto a un tizio di dargli una mano.
– E quello che ha fatto?
– Ha rifiutato.
– Che stronzo! E poi?
– Il cavallo gli ha dato un calcio nelle palle.
– Ha fatto bene, cazzo, ha fatto bene. E com’è andata a finire?
– Mi faceva pena. Lo vedevo lì, che fumava una carota, non ho resistito: mi sono avvicinato e ho compilato la schedina per lui. Mi ha ringraziato, mi ha anche offerto una carota, ma ho rifiutato perché le preferisco light, ha pagato ed è uscito al galoppo. Avresti dovuto vederlo: nitriva tutto contento.
– Stai dicendo solo un mucchio di cazzate.
– Come fai a dirlo?
– Era un cavallo, cristo!
– E con questo?
– I cavalli non scommettono.
– Hai mai visto un asino parlare?
– No.
– Allora abbiamo un problema.
Maurizio D. Capuano

FACTOTUM
Di colpo la musica cessò e Darlene cadde prona sul palco, sfinita, col gran culo bianco immobile, a farsi ammirare. Poi rotolò su sé stessa, una due tre volte, per rialzarsi mentre la musica riprendeva, non più un rock ma un bolero, e si allungò alla pecorina. Non aveva più il cache-sex e s’intuiva il sudore fra le natiche divaricate. E i peli della fica, umidi e arricciati, li vedevo. Glieli avrei leccati e gli avrei ficcato dentro l’uccello se si fosse rizzato. E invece niente, Darlene ci dava dentro al ritmo crescente della musica, avanti e indietro, ci sbatteva in faccia i suoi buchi bagnati e io fra le gambe avevo un vermicello. Guardai ai lati, non avevo accanto nessuno, aprii la patta dei pantaloni, c’infilai la mano. Il cazzo era caldo, umidiccio in punta. Cominciai a stropicciarlo mentre Darlene s’infilava due dita nella fica. Finalmente si rizzò. Lo strinsi con forza e lo menai. Pochi colpi e venni. Anche Darlene, sull’ultima nota del bolero. Mentre lasciava il palco riabbottonai i pantaloni e mi rilassai, curioso delle altre spogliarelliste.
Graziano Gattone

SO BENISSIMO QUANTO HO PECCATO
Perdonami, Signore, perché ho peccato.
Non posso assolvere gli altri, se non assolvo prima me stesso.
Ora dovrei dire ad altri peccatori, come me e come voi, che Dio ci ha perdonati.
Non è vero.
Sarebbe troppo comodo.
Io non sono degno del perdono di Dio.
Non lo siete nemmeno voi.
Eppure ora sono qui.
Dietro l’altare.
Domenica mattina.
Prese il pane e disse mangiatene tutti.
Prese il vino e disse bevetene tutti.
Tutti tranne me.
Tutti tranne voi.
Per gente come me e come voi il pane è solo pane. Il vino è solo vino.
Il mio compito è convincervi che non sia così.
Un bel lavoro, il mio.
Lucia Cabella

E COSÌ VORRESTI FARE LO SCRITTORE (O PEGGIO IL POETA)?
Che orribile fatto i poeti d’accatto
promuovono circoli e dotte parole
cacano rime a tutte le ore
su invenduti libercoli acri d’odore
finte opere dell’intelletto
stronzi a galla nel mare sfatto
d’una pseudo-cultura del cazzo.
Sono docenti del nullafacente
dai lunghi silenzi dalla voci roche
con visi affilati e sguardi perduti
strozzano i più idioti pensieri su lacrime chiare sospesi.
Eccolo il verso!
s’incanta e s’incarna
si strugge di niente
s’evince e si premia.
Ecco che il vate s’avanza e declama
strafatto di sé
lo scopo sublime
(una leccata di figa? un su è giù fra le chiappe? una scopata gratuita?)
Quanti alberi uccisi da schifi versi.
Graziano Gattone